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04/01/2019 11:10:00

Reddito di cittadinanza anche agli stranieri? Di Maio e Salvini erano contrari

A chi andrà il reddito di cittadinanza, la misura-bandiera del Movimento 5 Stelle, per il quale è stato creato, nella Manovra approvata in via definitiva il 30 dicembre in Parlamento, un apposito fondo? La risposta non è ancora del tutto chiara: i criteri saranno chiariti da un decreto previsto per i prossimi giorni.

Dal 31 dicembre, però, circola su tutti i siti di informazione una bozza che chiarisce alcuni dei «paletti» del «reddito».


In particolare, per quanto riguarda la platea, si chiarisce che ad avere i requisiti per accedere a reddito e pensione di cittadinanza sarebbero oltre 1 milione e 375 mila nuclei familiari, «compresi quelli di stranieri se residenti da almeno 5 anni e in possesso di permesso di soggiorno».

Reddito e pensioni di cittadinanza andranno dunque anche agli stranieri in possesso degli altri requisiti, oltre a quelli di residenza da almeno 5 anni in Italia e di regolare permesso di soggiorno?

Certo, la bozza «tecnica» potrebbe limitarsi a indicare la consistenza numerica della platea potenziale. Ma se così non fosse, non si tratterebbe di un dettaglio di poco conto, visto che già nel settembre scorso, su questo punto, si scatenò un'aspra dialettica interna al governo (e una notevole polemica politica). Proprio in quel mese, in Parlamento, il ministro dell'Economia Giovanni Tria spiegò che la proposta di reddito di cittadinanza «originaria» — quella presentata nella scorsa legislatura dal Movimento 5 Stelle — includeva anche «i cittadini degli Stati membri dell'Ue residenti in Italia» e quelli «di Paesi terzi che avessero sottoscritto convenzioni bilaterali di sicurezza sociale con l'Italia». Il vicepremier Luigi Di Maio aveva subito corretto il ministro, parlando di una proposta ormai da tempo superata: «È impossibile, con i flussi migratori irregolari, non restringere la platea e assegnare il reddito di cittadinanza ai cittadini italiani». Parole salutate con favore dall'altro vicepremier, il leader della Lega Matteo Salvini: «Una precisazione che accogliamo con grande piacere».

Un reddito di cittadinanza che però escludesse i cittadini stranieri rischierebbe di violare sia la Costituzione sia la normativa europea che vieta discriminazioni fra persone residenti nell’Unione: un elemento di grande rilevanza visto che — come nota l’agenzia Agi — nel nostro Paese vivono 1,5 milioni di cittadini comunitari, in larga parte romeni, oltre a 385.090 persone con passaporti di Stati con cui l’Italia ha convenzioni nella sicurezza sociale, secondo quanti riporta l’Inps; e che, secondo gli ultimi dati Istat, su cinque milioni di poveri assoluti gli stranieri sono 1.564.777 milioni, pari al 31,8 per cento del totale (il dato non conteggia gli irregolari).

L’agenzia Agi, insieme a Pagella Politica, notava il 21 settembre scorso che «se non ci sono dubbi sul fatto che la legge possa condizionare il diritto al reddito di cittadinanza ad alcuni requisiti, come ad esempio l’essere regolarmente residenti da almeno un tot di anni o avere certi documenti di soggiorno, è altrettanto indubbio che non si possa condizionare una misura del genere al requisito della nazionalità italiana. Questo violerebbe il divieto di discriminazione in base alla nazionalità, che è uno dei principi fondamentali del diritto dell’Unione europea: dal punto di vista legale non si può insomma riservare ai propri cittadini un trattamento diverso rispetto agli stranieri, tranne poche eccezioni particolari (come ad esempio nel settore della Difesa). In particolare, il principio è stabilito all’articolo 18 del Tfue. Le politiche sociali rientrano nel campo di applicazione dei trattati europei e dunque per loro vale il divieto di discriminazione. La stessa Ue finanzia con diversi fondi queste politiche da parte degli Stati membri. Lo stesso principio dell’articolo 18 Tfue è ribadito anche dall’articolo 21 co.2 della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea». Non solo: «grazie agli articoli 10 e 117 della Costituzione italiana, queste disposizioni del diritti comunitario hanno anche rango costituzionale. Di certo quindi un cittadino comunitario (francese, romeno o svedese), e probabilmente anche uno extracomunitario, che fosse regolarmente residente in Italia e avesse condizioni identiche a quelle di un cittadino italiano - per reddito e via dicendo - non potrebbe insomma essere escluso dal beneficiare del reddito di cittadinanza. La legge che così prevedesse verrebbe quasi certamente dichiarata incostituzionale o bocciata dalla Corte di Giustizia dell’Ue, a seconda dell’organo che fosse investito per primo del problema».

Due costituzionalisti come Cesare Mirabelli, presidente emerito della Consulta, e Valerio Onida, ex componente della stessa Corte, spiegavano sempre nel settembre scorso che una norma concepita esclusivamente per gli italiani sarebbe largamente problematica. Secondo Mirabelli «bisogna stare attenti a come si scrive la misura. Se si scrivesse che il reddito di cittadinanza si dà solo ai cittadini italiani ci sarebbe il rischio di incostituzionalità. Gli stranieri comunitari sono assimilati ai cittadini italiani e una misura di questo tipo potrebbe essere attrattiva per i cittadini di alcuni paesi dell’Unione verso quello con il sistema più generoso». Un’opinione condivisa da Onida: «Se si tratta di un provvedimento di ordine sociale, che prevede un’assistenza sociale, non può essere limitato ai cittadini italiani. I giudici sono stati chiari, funziona così sul bonus bebè, ad esempio», sottolinea Onida, secondo il quale per poter richiedere e usufruire dell’assegno «basterebbe un permesso di soggiorno, di sicuro quello di lungo periodo sarebbe sufficiente ma forse anche un permesso di soggiorno» normale.

Insomma: la bozza «tecnica» (finora non smentita) forse conteneva solo una «nota contabile», in grado di rispondere alla domanda circa quante persone ci siano in Italia in grado di rispondere ai requisiti stabiliti per ottenere il reddito. E forse sarà la politica — i 5 Stelle e la Lega, le due forze di maggioranza — a tentare di limitare quella «notazione contabile» inserendo il requisito della cittadinanza italiana. E se questo fosse il caso, il rischio sarebbe quello di una possibile incostituzionalità della norma. Ma se non lo fosse, e davvero il reddito dovesse aprirsi anche ai cittadini stranieri, per i due vicepremier si tratterebbe di una consistente inversione di marcia.