Informativa
Questo sito o gli strumenti terzi da questo utilizzati si avvalgono di cookie necessari al funzionamento ed utili alle finalità illustrate nella cookie policy.
Se vuoi saperne di più negare il consenso a tutti o ad alcuni cookie, consulta la cookie policy.
Chiudendo questo banner, scorrendo questa pagina, cliccando su un link o proseguendo la navigazione in altra maniera, acconsenti all'uso dei cookie. I cookie ci aiutano a fornire i nostri servizi.
Utilizzando tali servizi, accetti l'utilizzo dei cookie. Cookie Policy   -   Chiudi
09/01/2019 11:29:00

Mafia, processo “Ermes”, in appello Pg chiede conferma condanne per 80 anni carcere

 Requisitoria bis, dopo quella dello scorso luglio, del procuratore generale della Corte d’appello di Palermo nel processo di secondo grado a sei presunti esponenti o fiancheggiatori del clan capeggiato da Matteo Messina Denaro coinvolti nell’operazione “Ermes 1” (3 agosto 2015).

Il pg, ponendo sul tavolo un altro verbale con dichiarazioni di Lorenzo Cimarosa, ha ribadito la richiesta di conferma delle condanne inflitte in primo grado dal gup Walter Turturici. In tutto, 80 anni di carcere. Molti di più di quanti ne aveva chiesti il pm Paolo Guido (65). A 17 anni ciascuno furono condannati il partannese Giovanni Domenico Scimonelli, un “colletto bianco” ritenuto tra gli uomini più vicini a Messina Denaro (avrebbe anche reinvestito in Svizzera i soldi del boss), il presunto capomafia di Salemi Michele Gucciardi e Pietro Giambalvo, uomo “d’onore” della “famiglia” di Santa Ninfa. Rispettivamente 13 e 12 anni furono, invece, condannati Vincenzo Giambalvo, altro presunto esponente del clan di Santa Ninfa, e il salemitano Michele Terranova.

Per favoreggiamento alla mafia (non per associazione mafiosa come i primi cinque), 4 anni di carcere furono, infine, inflitti all’autotrasportatore mazarese Giovanni Loretta, fratello di Carlo Antonio e Giuseppe Loretta, poi coinvolti nell’operazione antimafia “Ermes 2”. L’indagine, per l’accusa, consentì allora di smantellare l’ultima rete di “postini” al servizio del boss latitante. Emerse che lo smistamento dei “pizzini” sarebbe avvenuto in due masserie nelle campagne di Mazara e Campobello di Mazara, di proprietà del defunto capomafia mazarese Vito Gondola e di Michele Terranova. Matteo Messina Denaro si sarebbe rivolto a Gondola dopo l'arresto della sorella Patrizia e del nipote Francesco Guttadauro. A difendere i sei imputati sono gli avvocati Calogera Falco, Enzo e Enrico Trantino, Paolo Paladino, Luigi Pipitone, Walter Marino, Domenico Trinceri.