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12/01/2019 06:00:00

Mafia, Operazione “Pionica”: prima udienza preliminare per 16 imputati

Prima udienza preliminare, davanti al gup di Palermo Filippo Lo Presti, per le 16 persone per le quali la Dda ha chiesto il rinvio a giudizio sulla base delle indagini che il 13 marzo 2018 sono sfociate nell’operazione antimafia “Pionica”.

I sedici per i quali si chiede il processo sono il presunto capomafia di Salemi Michele Gucciardi, 65 anni, in carcere anche perché condannato a 17 anni, in primo grado, nell’ambito del processo “Ermes”, Giuseppe Bellitti, 49 anni, anche lui di Salemi, Girolamo Scandariato, 50 anni, di Calatafimi, gli alcamesi Vito e Roberto Nicastri, di 63 e 56 anni, i palermitani Ciro Gino Ficarotta, 67 anni, Leonardo Ficarotta, 38 anni, Paolo Vivirito, 39 anni, i vitesi Melchiorre Leone, 59 anni, Salvatore Crimi, di 60, Gaspare Salvatore Gucciardi, di 56, tutti arrestati lo scorso anno dai carabinieri, e cinque denunciati a piede libero: i vitesi Anna Maria Crocetta Asaro, di 47 anni, e Leonardo Nanà Crimi, di 24, e i partannesi Antonino, Tommaso e Virgilio Asaro, di 76, 47 e 42 anni. I reati a vari titolo contestati sono associazione a delinquere di stampo mafioso, estorsione, favoreggiamento e intestazione fittizia di beni. Nella prima udienza preliminare si sono costituiti parte civile i Comuni di Salemi e Castelvetrano, le associazioni antiracket di Trapani e Alcamo, l’associazione Caponnetto, il centro studi Pio La Torre e l’associazione “La Verità Vive onlus” di Marsala. Nella prima udienza, inoltre, il pm ha depositato indagini integrative. Poi, il giudice ha rinviato al 31 gennaio per le richieste di eventuali riti alternativi. Qualcuno, infatti, potrebbe chiedere di essere giudicato con l’abbreviato e così godere, in caso di condanna, dello sconto di un terzo sulla pena prevista dalla legge. L’operazione “Pionica” (dal nome di una contrada di Santa Ninfa dove c’è un’azienda di 60 ettari comprata a un’asta giudiziaria e poi rivenduta a prezzo maggiorato) nasce da un’inchiesta avviata nel 2014 su esponenti delle famiglie mafiose di Vita e Salemi, ritenuti favoreggiatori del capomafia latitante Matteo Messina Denaro. Parte del denaro derivante dagli investimenti delle cosche, sarebbe stata destinata al mantenimento di Messina Denaro, ricercato dal 1993. Sequestrati tre complessi aziendali intestati a terzi ma ritenuti strumento dell’organizzazione criminale. Quello di Vito Nicastri, il “re dell’eolico”, non è un nome nuovo: i suoi legami col boss gli sono già costati sequestri per centinaia di milioni di euro. Di lui, tra gli altri, ha parlato il defunto “dichiarante” Lorenzo Cimarosa, indicandolo come uno dei finanziatori della latitanza di Messina Denaro e parlando di una borsa piena di soldi che Nicastri avrebbe fatto avere al capomafia attraverso Michele Gucciardi. Si tratta dei soldi derivanti dalla mediazione per la compravendita di un terreno. “Accanto all'attività classica di Cosa nostra – hanno spiegato gli inquirenti - si affiancano accorgimenti che ci dimostrano che Cosa nostra è al passo con i tempi, non solo per gli affari ma anche per quanto riguarda la tutela dell'organizzazione”.