I giudici della Corte dei Conti hanno citato in giudizio i due ex dirigenti dell'Istituto Vino e Olio, Dario Cartabellotta (anche ex assessore regionale all'Agricoltura) e Lucio Monte. Al primo viene chiesto un risarcimento danni di un milione e 34 mila euro, al secondo di un milione e 763 mila euro. C'erano loro alla guida quando si arrivava a costosissime missioni in Brasile, India, Norvegia, Russia, Giappone, Cina, Korea e Canada con spese inutili e non autorizzate portate avanti da consulenti e partner privati con cui l'Istituto Vino e Olio ha stretto accordi «illegittimi e in conflitto di interessi».
Sono queste secondo la Procura della Corte dei Conti, i motivi che hanno maturato il maxi debito da 8 milioni che ha messo l'Istituto Vino e Olio in ginocchio uno dei gioielli della Regione, dove i dipendenti non prendono lo stipendio da 5 mesi. Per questo motivo Il danno ipotizzato dalla Corte dei Conti è maturato fra il 2011 e il 2015 e sta costringendo l'Istituto a versare rate all'Agea per rimborsare finanziamenti nazionali «spesi fuori dal vincolo di destinazione e in un contesto di illegalità diffusa» scrive nell'atto di citazione il magistrato che ha portato avanti l'inchiesta, Alessandro Sperandeo.
Tutto passa da quei viaggi per promuovere il vino siciliano nel mondo. Per finanziarli l'Istituto, prima diretto da Cartabellotta e poi da Monte, impiegò i fondi dell'Agea, l'Agenzia nazionale per le erogazioni in agricoltura. Durante quei viaggi si spendeva, e parecchio: la Procura guidata da Gianluca Albo si è spinta a sottolineare che non si capisce nemmeno in quanti e con quali compiti e con quali risorse sono stati all'estero per promuovere il vino siciliano. Di più, il sogno dell'internazionalizzazione è avvenuto «in un quadro di illegalità diffusa» perché «le risorse sono state utilizzate contra legem, con rendicontazione errata, svolta da una società illegittimamente affidataria». Il danno maggiore si è verificato fra il 2011 e il 2012 quando l'Istituto avviò sei missioni in tutto il mondo spendendo in totale 6 milioni e 732 mila euro. Ma al momento di certificare la spesa ad Agea ecco che le fatture non vennero accettate: quelle spese, per l'ente che doveva finanziarle, erano irregolari. Agea chiuse i rubinetti e si riprese i primi 5 milioni e 416 mila euro.