Nel 2016 e nel 2017 aveva vinto nei tribunali di Bergamo e Brescia contro Inps e Inail, che le chiedevano 9,4 milioni per gli anni dal 2006 e il 2010. Ora spunta una nuova grana per Ryanair: l’Ispettorato del Lavoro ha multato l’azienda per 9,2 milioni dopo un’indagine condotta ancora una volta da Inps e Inail.
Secondo quanto riporta ‘Il Fatto Quotidiano’, il personale dell’azienda verrebbe contrattualizzato da società interinali irlandesi registrate in Italia come “compagnie aeree”, ma che non sarebbero proprietarie di velivoli né autorizzate da Enac. Così i salari sarebbero in parte pagati come indennità di volo sui cui è possibile non versare contributi.
Secondo l’Ispettorato, Ryanair (che prima del 2012 pagava le tasse solo in Irlanda) avrebbe aperto in Italia una posizione previdenziale per questi lavoratori, non pagando tutti i contributi. Ad esempio non avrebbe versato quelli per la tredicesima e la quattordicesima. E nemmeno avrebbe rispettato le norme che regolano il trattamento di fine rapporto.
Ci sarebbe poi il capitolo riguardante gli stipendi sotto forma di indennità di volo. “Se su mille euro 700 vengono pagati sotto questa forma, peraltro senza che ci sia stato un accordo sindacale – spiega a IlFattoQuotidiano.it Davide Venturi, dirigente dell’Ispettorato territoriale di Bologna, che ha coordinato l’indagine – su quei 700 euro l’azienda non versa i soldi che dovrebbe allo Stato. Questa indennità è dovuta solo quando il dipendente non ha un aeroporto di riferimento. In questo caso, invece, tutti i dipendenti Ryanair che lavorano in Italia ne hanno uno”.
La compagnia farebbe contrattualizzare parte due suoi dipendenti da piccole aziende di diritto irlandese di somministrazione di manodopera. In particolare i più giovani. Si tratta di società registrate in Italia come compagnie aeree, che per questo possono pagare parte degli stipendi come indennità di volo. “Il problema è che queste aziende non posseggono neanche un aereo e non sono autorizzate da Enac – aggiunge Venturi -. Quindi sono registrate come compagnie aeree in maniera illegittima allo scopo di non pagare i contributi”.
Queste aziende si sarebbero stabilite in Italia dal punto di vista previdenziale in quella che si chiama una “totale commistione con un unico regista, schema che non è consentito dalle nostre leggi ma è previsto dal diritto internazionale – conclude Venturi -. Per questo non ne abbiamo contestato l’illegittimità, ma abbiamo deciso di chiedere a Ryanair i contributi non pagati perché siamo certi che in questo caso si applica il diritto previdenziale italiano, secondo cui chi beneficia della prestazione deve pagare i contributi”. E a beneficiarne sarebbe Ryanair, che sempre tramite il Fatto Quotidiano annuncia: “Abbiamo dato mandato ai nostri legali di fare immediatamente appello contro la decisione”.