"Falcone mi disse di controllare gli appalti e che in Sicilia accanto ai politici e agli imprenditori, bisognava fare i conti con i mafiosi". A raccontarlo, deponendo questa mattina come testimone al processo d'appello sulla trattativa tra Stato e mafia davanti alla corte d'assise d'appello a Palermo, è Antonio Di Pietro. "Ne parlai con Borsellino, che però non mi disse - continua l'ex pm di Mani pulite - che stava lavorando sul rapporto mafia e appalti, e che stava ascoltando il pentito Mutolo. Mi disse però che dovevamo tornare a incontrarci, era convinto che in Italia ci fosse un sistema di spartizione nazionale attorno agli appalti".
L'ex magistrato è convinto che Borsellino "fu ucciso proprio perchè indagava sulle commistioni tra la mafia e la gestione degli appalti. L'indagine mafia-appalti - continua - fu fermata come accadde con Mani pulite". Quest'ultima infagine, infatti, è stata fermata quando è arrivata allo stesso punto del rapporto tra mafia e appalti: "Sono stato fermato da una delegittimazione gravissima portata avanti in modo abnorme. Nei miei confronti sono stati svolti una serie di dossieraggi portati avanti da personaggi su ordine di alcuni politici che hanno portato alle mie dimissioni. Da lì a poco sarebbe arrivata non solo una grossa indagine nei miei confronti ma anche una richiesta di arresti e io mi dimisi per potermi difendere. Sono stato prosciolto e ho detto che chi ha indagato su di me non poteva indagare, cioè Fabio Salamone che io denunciai al Csm".
Ma le rivelazioni di Di Pietro non finiscono qui: "Dopo Falcone anch'io dovevo essere ucciso. Due giorni prima dell'omicidio di Borsellino il Ros mi informò: guardate che stanno ammazzando Borsellino". A chiedere la deposizione dell'ex magistrato, in aula Bunker, è stata la difesa del generale Mario Mori.
Davanti alla Corte d'assise d'appello di Palermo, presieduta da Angelo Pellino - giudice a latere Vittorio Anania - avrebbe dovuto deporre anche Silvio Berlusconi ma la deposizione è stata annullata per impegni istituzionali a Bruxelles. Nel corso dell'udienza di oggi i giudici hanno decido che l'ex premier verrà sentito il prossimo 11 novembre alle 10.30 come indagato di reato connesso, status che gli dà la possibilità di avvalersi della facoltà di non rispondere su circostanze che potrebbero riguardare la sua posizione. Berlusconi si dovrà presentare accompagnato dal suo legale. A citarlo la difesa di Marcello Dell'Utri, che in primo grado era stato condannato a 12 anni di carcere. I legali dell'ex cavaliere Nicolò Ghedini e Franco Coppi nei giorni scorsi avevano inviato una nota alla Corte d'asssie d'appello con una certificazione che attestava che Berlusconi è indagato a Firenze per le stragi del 1993.