L’operazione "Scrigno" dello scorso 5 marzo, è l’ultima grande operazione antimafia che ha coinvolto una vasta fetta del territorio trapanese e che ha portato 25 persone in carcere (in totale gli indagati sono 55) tra cui i capi mafia di Trapani, Pietro e Francesco Virga, figli del capomafia e ergastolano Vincenzo, i boss delle famiglie di Marsala e Paceco e per la prima volta di Favignana.
Al centro di tutta l’indagine (ne abbiamo parlato in questo articolo) sugli intrecci tra mafia e politica, pacchetti di voti e affari, spicca la figura di Paolo Ruggirello, ex deputato questore all'Ars del Partito Democratico, ma finì in manette, nel corso della stessa operazione, anche l’ex assessore al comune di Trapani Ivana Inferrera.
Oggi iniziamo un approfondimento a puntate dell'indagine "Scrigno", che ha permesso di fare un aggiornamento sulle dinamiche e l'organizzazione delle famiglie mafiose di Trapani, Marsala e quella più recente di Favignana, della quale ci occupiamo oggi.
L’indagine del reparto investigativo del comando provinciale dei Carabinieri nell’ambito del procedimento della direzione distrettuale antimafia di Palermo, ha permesso di dimostrare come a Trapani e Marsala, luoghi principali di tutta l’indagine, ma anche Paceco, Castellammare del Golfo e per la prima volta Favignana, ci sia ancora un’attuale presenza di Cosa nostra nonostante le diverse operazioni negli ultimi dieci anni abbiano assestato durissimi colpi all’organizzazione criminale.
A Trapani figure come Franco Orlando, Antonino Buzzitta, Michele Martines e soprattutto i fratelli Pietro e Francesco Virga, che già in passato hanno avuto condanne per associazione mafiosa, hanno acquisito il controllo di diverse attività economiche, in particolare negli appalti sia pubblici che privati.
Rapporti tra le famiglie mafiose di Trapani e Marsala - Proprio la programmazione di questi affari dimostra come ci sia stato negli anni un interscambio e continui rapporti e incontri tra la famiglia mafiosa di Trapani e quella di Marsala i cui rispettivi referenti si sono incontrati in diversi “summit” riservati, dove sono stati decisi: lavori da fare, professionisti da utilizzare e la ripartizione degli introiti che sarebbero spettati alle rispettive famiglie mafiose.
Uno di questi incontri, registrato dagli investigatori, è quello avvenuto nella proprietà di uno degli indagati dell’operazione Scrigno, Francesco Peralta. All’incontro partecipano per la famiglia mafiosa di Trapani Francesco Virga, accompagnato da Peralta e per la famiglia mafiosa di Marsala Giuseppe Piccione, in rappresentanza del boss Vincenzo Vito Rallo, accompagnato da Biagio Bianco. I due, Virga e Piccione, per essere sicuri di non essere intercettati e visti, si appartarono in un garage lasciando fuori, a controllare la zona, chi li aveva accompagnati. In questa circostanza, in cui i due interlocutori discutono di un affare in comune che riguarda le due "famiglie", Piccione dice a Virga quale doveva essere la ripartizione dei soldi di quel business. Queste le parole di Piccione a Virga intercettate dai carabinieri: “Noi siamo… con i cassoni siamo con noi, noi mettiamo che restano dieci lire, mettiamo quattro lire, due ve li prendere voi (si riferisce famiglia mafiosa trapanese); voi siete quattro, cinque, uno, due, non mi interessa degli estranei”. Virga a quel punto, risponde a Piccione: “Quelli che siamo, siamo!”.
Oltre agli affari tra le famiglie mafiose della provincia, quello che risalta e che emerge dalla operazione "Scrigno", è ancora una volta il rapporto, il connubio stretto in questi territori tra mafia e politica. La particolarità in questo caso è che sono gli stessi politici locali che si concedono ai mafiosi, proponendosi come loro punti di riferimento e in alcuni casi si arriva ad affidare ai mafiosi le sorti della propria campagna elettorale, così come hanno fatto i consiglieri comunali Giovanni Maltese e Vito Mannina che si sono rivolti a Francesco Virga e Franco Orlando, organizzando con loro degli incontri riservati che sono stati registrati nel corso dell’indagine “Scrigno”.
La novità, la famiglia mafiosa di Favignana e il suo organigramma - L’operazione “Scrigno”, come dicevamo, è incentrata principalmente sulla famiglie mafiose di Trapani e Marsala, ma per la prima volta gli inquirenti si sono imbattuti anche su quella, inedita, di Favignana, guidata dal boss Vito D’Angelo, originario di Ravanusa, dopo aver scontato un lunghissima detenzione per omicidio e poi prima in semilibertà, è rimasto a Favignana diventando punto di riferimento per gli esponenti di cosa nostra trapanese. Le indagini, infatti, hanno registrato diversi episodi che fugano ogni dubbio sul fatto che sia D’Angelo a ricoprire il vertice di Cosa nostra a Favignana. Su tutti, basta considerare che Francesco Virga e altri boss si rivolgevano a lui per prendere le decisioni sugli appalti da eseguire sull’isola. Per quel che riguarda l’organigramma della famiglia mafiosa di Favignana, bisogna dire che ha ricoperto un ruolo di "braccio destro" di D’Angelo, Francesco Russo, di origini marsalesi ma da anni impiantato a Favignana.
Le dinamiche di Cosa nostra sull'isola - Russo oltre ad avere i contatti con altri mafiosi conosce tutti i titolari delle imprese che sbarcano sull’isola per svolgere dei lavori sia pubblici che privati. Altra persona che ha affiancato D’Angelo nell’organizzazione di alcuni summit per la partecipazione a diversi lavori edili, è l’imprenditore Mario Letizia, indagato nell’operazione Scrigno, come il rumeno Jacob Stelica, trapiantato da tanti anni a Favignana, tanto da parlare in un perfetto siciliano e conosciuto con il nome “Andrea”. Due sono in particolare gli episodi che testimoniano la pericolosità del soggetto e l’inserimento a pieno titolo di Stelica, nella famiglia mafiosa di Favignana. Il primo registrato dagli inquirenti è avvenuto nel novembre del 2016, quando, ha dato fuoco ad un escavatore dell’imprenditore Antonino Donato, su richiesta di Francesco Russo che aveva prima parlato con D’Angelo. L’altro episodio, invece, è del giugno del 2017. Mario Letizia in quell’occasione trovò una microspia sulla sua Renault Twingo e Stelica si recò subito da D’Angelo per avvertirlo, facendo controllare tutti i veicoli in uso per verificare la presenza di altre microspie.
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