Botta e risposta a distanza fra l'ex procuratore di Palermo, Giancarlo Caselli, e il Capitano Ultimo sulla mancata perquisizione del covo di Totò Riina in via Bernini. «È stata una brutta pagina - ha affermato Caselli deponendo come teste al processo d'appello sulla cosiddetta trattativa tra Stato e mafia, nell'aula bunker del carcere Ucciardone, a Palermo -. Io ero per intervenire subito, ma mi sono fidato del capitano Ultimo (Sergio De Caprio, ndr) che arrestò Totò Riina». L'ex procuratore di Palermo, che non ha dato il consenso ad essere video ripreso e fotografato, rispondendo alle domande del presidente Angelo Pellino ha aggiunto: «De Caprio era in quel momento un eroe nazionale, aveva messo le manette al mitico, nel senso negativo del termine, Totò Riina. Ma questa sospensione, questo ritardo subordinato alla sorveglianza del sito che venne interrotta subito senza dirci nulla è una brutta pagina, pessima». Mario Mori, secondo quanto riferito da Caselli, allora colonnello e capo del Ros, di fronte alla richiesta di spiegazioni, gli avrebbe detto «che il mancato avviso rientrava nell'autonomia decisionale e operativa della polizia giudiziaria». Riguardo ai «colloqui» avviati da Mori con Vito Ciancimino, l'ex procuratore Caselli è categorico: «Non ho mai chiesto a Mori di tenermi aggiornato su eventuali sviluppi in tal senso visto che Ciancimino - ha detto - era stato arrestato a dicembre '92 e quando arrivai a Palermo, il 15 gennaio '93, Ciancimino era già detenuto. Mai e poi mai ho voluto conoscere cose riguardanti i confidenti di polizia e carabinieri».
Non si è fatta attendere la replica del colonnello dei carabinieri Sergio De Caprio: «Quindi l'eroe nazionale per la lotta al terrorismo, giudice Giancarlo Caselli, aveva sudditanza psicologica verso il Capitano Ultimo. È questa la vera brutta pagina che emerge oggi. Chi aveva la responsabilità e il dovere di eseguire la perquisizione nel covo di Riina se ne deve assumere la piena responsabilità di fronte a se stesso e di fronte alla storia». Al processo ha deposto come teste anche Luciano Violante, ex presidente della Camera e della Commissione nazionale antimafia: «Mori sostiene di non avermi mai chiesto un colloquio riservato con Vito Ciancimino, ma io lo ricordo con precisione». Violante ha deposto dopo avere letto un «appunto-memoria» di 11 pagine. «Il colonnello Mori mi disse di ascoltare riservatamente - ha raccontato Violante - l'ex sindaco di Palermo, Vito Ciancimino, sostenendo che la natura dei suoi incontri fosse di natura confidenziale. Ma io dissi a Mori che non facevo incontri riservati e che se voleva avrebbe potuto chiedere in forma ufficiale di essere sentito dalla Commissione antimafia». Secondo Violante queste richieste provenienti da Mori furono tre, tutte da lui respinte. Anche su una eventuale audizione dell'ex sindaco mafioso in Commissione antimafia, Violante ha detto che «Ciancimino avrebbe potuto avere un proprio specifico interesse a fornire (alla commissione) elementi devianti. A quel tempo la commissione era ancora priva di un quadro dei rapporti mafia e politica che fosse attendibile e non condizionato dalle appartenenze di ciascuno di noi». Violante ha aggiunto che «non volevamo che la commissione potesse essere utilizzata da questo discutibile personaggio per lanciare messaggi». Il presidente Angelo Pellino ha rinviato il processo all'udienza di lunedì prossimo in cui è stato citato, dalla difesa di Marcello Dell'Utri, l'ex premier Silvio Berlusconi, quale testimone assistito.