Parlavano di Matteo Messina Denaro e dicevano addirittura di averlo incontrato Antonio Messina e Nicolò Mistretta, due dei tre arrestati nell'operazione Eden 3 che ha fatto luce su una rete di trafficanti di droga all'ombra di cosa nostra trapanese.
E' emerso dalle indagini che gli esponenti dell'organizzazione criminale avrebbero agito in favore della consorteria mafiosa di Campobello di Mazara prevedendo la distribuzione di parte dei guadagni per i bisogni economici della famiglia. L'ex avvocato e massone Antonio Messina si sarebbe anche adoperato, come fanno i boss, per dirimere i contrasti insorti tra gli associati. Durante una conversazione con Nicolò Mistretta si faceva riferimento allo stato di crisi di cosa nostra trapanese, colpita dalle tante inchieste e operazioni delle forze dell'ordine. In quell'occasione si è fatto cenno anche a Matteo Messina Denaro, con Mistretta che asseriva di averlo incontrato. Ecco i fatti raccontati dai Carabinieri.
Nell’ultimo periodo, muovendo dal monitoraggio di GRECO Angelo (arrestato il 19.04.2018 in esito all’indagine c.d. ANNO ZERO per partecipazione ad associazione mafiosa quale affiliato alla famiglia di cosa nostra di Campobello di Mazara, in costante collegamento con il vertice del mandamento di Castelvetrano e pertanto condannato con rito abbreviato l’11.11.2019 alla pena di anni 8 di reclusione) sono stati acquisiti ulteriori e convergenti elementi sul conto di TAMBURELLO Giacomo, MESSINA Antonio inteso l’avvocato e MISTRETTA Nicolò.
Dalle indagini condotte è emerso che gli esponenti dell’organizzazione criminale investigata, oltre ad esprimere in alcuni dialoghi intercettati espliciti riferimenti al latitante MESSINA DENARO Matteo, hanno agito anche in favore della consorteria mafiosa campobellese prevedendo tra l’altro tra le sue finalità la distribuzione di parte dei proventi delittuosi per il soddisfacimento dei bisogni economici della nominata famiglia mafiosa, segnatamente per il sostentamento dei sodali detenuti.
Detta struttura criminale, per lo sviluppo delle sue attività illecite, si è avvalsa inoltre di una qualificata rete relazionale articolata sul territorio nazionale che ha visto coinvolti, tra gli altri, diversi soggetti oggi destinatari di provvedimento di perquisizione.
Come sopra anticipato, in tale ambito ha assunto particolare rilievo la figura di MESSINA Antonio il quale si è anche adoperato per dirimere i contrasti insorti per ragioni economiche tra gli associati, sviluppando nell’hinterland milanese degli incontri con MISTRETTA Nicolò e altri importanti esponenti della criminalità organizzata siciliana da anni operativi in Lombardia; proprio in occasione di una riservata riunione tra MESSINA e un pluripregiudicato palermitano avvenuta all’interno di un affollato esercizio commerciale, in un più ampio discorso che riguardava la situazione della famiglia di cosa nostra di Castelvetrano e le difficoltà che stava incontrando detto sodalizio per via dei numerosi interventi repressivi effettuati dalle FF.PP., veniva captato un rilevante dialogo in cui i due indagati facevano cenno anche al latitante MESSINA DENARO Matteo che il palermitano asseriva finanche di avere incontrato.
Con riferimento alla figura di TAMBURELLO, individuato come promotore del sodalizio in parola, è emerso che questi, utilizzando svariati recapiti telefonici anche internazionali fittiziamente intestati a terzi e impiegando un predeterminato codice di cifratura (decriptato dai Reparti operanti):
- manteneva i contatti con mediatori e fornitori del narcotico dimoranti in Spagna e Marocco;
- si relazionava con i sodali presenti nel Nord Italia incaricati della commercializzazione dello stupefacente importato;
- indicava perentoriamente ai sodali la cogente esigenza di destinare parte dei proventi delle attività delittuose per remunerare la famiglia mafiosa di Campobello di Mazara.
Si evidenzia infine che i traffici di sostanza stupefacente intercettati nel corso delle attività avrebbero avuto complessivamente un valore sul mercato pari quantomeno ad un milione e mezzo di euro.