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06/12/2019 08:00:00

Sicilia, gli Ato idrici in ritardo sulla riforma. A rischio i fondi dell'Unione Europea

A più di quattro anni dall'approvazione della riforma del sistema di gestione delle risorse idriche, nulla (o quasi) è stato attuato. E la Regione rischia di perdere ingenti finanziamenti statali e comunitari per le infrastrutture nel settore.

Dei 9 Ato che dovevano riorganizzare su base provinciale il settore e affidare il servizio a società in house o a privati, solo quello di Palermo si è mosso correttamente puntando su Amap. È stato il ministero dell'Ambiente a lanciare l'allarme durante il convegno «La regolazione del servizio idrico integrato in Sicilia: Ato, Ati o Ega regionale?». «Cinque dei nove Ato - ha detto Simona Arezzini, referente del progetto Mir L7 del ministero - non hanno mai affidato il servizio integrato. Un Ato ha gravi problemi di sostenibilità finanziaria e anche dove il servizio è stato affidato ci sono Comuni inadempienti nei confronti dello stesso Ato. Inoltre la mancanza dei Piani d'ambito sta mettendo a rischio l'erogazione di 12 milioni e mezzo da parte del ministero». È la fotografia di un Far West: la riforma che puntava sulla pianificazione allargata resta sulla carta e la maggior parte dei Comuni si gestisce in autonomia.

E il rischio è di perdere molto più di 12 milioni: il ministero ha scritto alla Regione segnalando che a causa della mancanza dei Piani d'ambito (il documento che organizza la gestione e l'erogazione dell'acqua) la Sicilia non può essere inserita nella programmazione dei fondi comunitari per gli anni 2021-2027. Significherebbe rimanere senza soldi per la manutenzione e il miglioramento di reti e fognature, visto che la Regione non ha fondi per provvedere in autonomia. Per risolvere il problema della mancanza dei Piani d'ambito l'assessore regionale Alberto Pierobon ha ottenuto che la Cassa depositi e prestiti possa aiutare economicamente gli Ato: la redazione di questi documenti costa infatti almeno 150 mila euro, soldi che i Comuni soci non versano. Ma i tempi restano lunghissimi.

La storia dell'affidamento del servizio è ancora più contorta. Gli Ato di Messina, Ragusa e Trapani non hanno mai provveduto. Quelli di Catania e Siracusa si erano mossi ma è finita malissimo: la Saiotto, che gestiva l'erogazione nel Siracusano, è fallita e la Sie che si occupava del servizio nel Catanese è stata travolta da ricorsi che ne hanno azzoppato l'azione.

L'Ato di Agrigento aveva affidato il servizio a Girgenti Acque, finita in una inchiesta giudiziaria che ha costretto alla rescissione del contratto. E ora il servizio è affidato a due commissari. Va un po' meglio a Caltanissetta ed Enna.

I ritardi nell'attivazione degli Ato idrici, così come accade nel settore dei rifiuti, si traducono in disservizi per i cittadini. Per questo motivo Marisa Abbondanzieri, presidente dell'associazione nazionale che raggruppa le Autorità d'ambito (Anea) ha sollecitato il governo regionale a spingere per fare in modo che «i sindaci aderiscano agli Ato, consegnino le reti idriche ai nuovi gestori. Inoltre è importante che vengano applicate le tariffe nazionali dell'Arera (l'Authority, ndr) perché ciò assicura efficienza e risparmi per i cittadini visto che solo così possono essere erogati i bonus legati alle bollette». L'inattività degli Ato ha creato anche un Far West delle tariffe, alimentando l'evasione. E c'è poi un ultimo aspetto sottolineato Andrea Guerrini, componente dell'Authority: «Passare dal servizio idrico gestito in piccolo da ogni Comune alla “industria” idrica significa creare occupazione».