Altre vicende giudiziarie che vedono protagonisti i Cinque Stelle a Marsala. Questa volta è stato l'avvocato Peppe Gandolfo, a portare in tribunale un simpatizzante - così si definisce - del partito, Alberto Di Pietra.
In realtà i due si conoscono da molto. E questo è un altro capitolo della “guerra” tra il commerciante marsalese Alberto Di Pietra e l’avvocato Peppe Gandolfo, che a Marsala tiene insieme i Cinque Stelle e la sua contestata associazione antiracket, che fino a poco tempo fa, prima del gran litigio, gestiva con la parlamentare Piera Aiello.
L’ormai 75enne Di Pietra - che ha una singolare vicenda giudiziaria: èstato arrestato negli anni ’90 per associazione mafiosa, accusa per la quale fu condannato in primo grado, ma poi assolto in appello e in Cassazione – è nuovamente sotto processo per diffamazione a seguito di una querela sporta contro di lui dall’avvocato Gandolfo. Quest’ultimo si è sentito diffamato da una lettera che Di Pietra inviò al M5S nella quale ribadiva alcune affermazioni fatte già in passato sul conto del legale marsalese, tanto attivo sul fronte dell'antiracket.
E nell’ultima udienza del processo a Di Pietra, in corso davanti al giudice monocratico Lorenzo Chiaramonte, l’imputato, rispondendo alle domande di pm e avvocati, ha spiegato perché ha scritto quella lettera e cosa ha scritto: “Io ero un simpatizzante delle Cinque Stelle – ha detto Di Pietra rispondendo alle domande– che non voleva, dentro il partito, nè persone vicine alla mafia e neanche voleva persone che avevano partecipato a competizioni politiche. Siccome l’avvocato Gandolfo ha partecipato a delle competizioni politiche ed era vicino alla mafia perché il nonno era il capomafia di Marsala… così ho fatto questa lettera, ma io penso che nella lettera non c’è niente di strano. Io ho comunicato quello che sa tutta la provincia di Trapani, non Marsala, tutta la provincia di Trapani. U sannu tutti ca i “Catineddra” erano i capimafia di Marsala. Non è che io ho detto che lui (l’avvocato Peppe Gandolfo, ndr) era il capo mafia di Marsala. No. Io ho parlato dei parenti, del nonno dell’avvocato Gandolfo. I Catineddra erano tre fratelli ed erano i capi mafia di Marsala. Io sapevo queste cose perché abitavo a 50 metri da dove abitavano questi Catineddra, in via Giulio Anca Omodei, e l’ho saputo da bambino che questi qua… quando passava uno di questi, uno aveva quasi paura”.
Alla domanda del pm Francesca Ferro se era a conoscenza di sentenze di condanna per mafia per il nonno del legale, Di Pietra ha risposto: “Gli elementi di riscontro erano quelli che si dicevano dentro il paese e basta. Non è che io sapevo… Se sono stati mai arrestati? Si, si. Addirittura, non so, il nonno mi sembra che è morto in galera”.
A difendere l’anziano ex commerciante di mobili e tappeti sono anche gli avvocati Stefano Pellegrino e Antonino Salmeri, mentre l’avvocato Giacalone rappresenta il collega Peppe Gandolfo, che naturalmente si è costituito parte civile.
Sempre a seguito di una querela sporta da Gandolfo, nel dicembre 2011 la Cassazione confermò la condanna penale (600 euro di multa) inflitta a Di Pietra per ingiuria aggravata in danno del denunciante. E nel marzo 2015, arrivò anche la condanna nel procedimento civile: 9 mila euro di risarcimento danni all’avvocato Gandolfo. Nella primavera di quattro anni fa, ad emettere la sentenza è stato il Tribunale di Marsala (giudice Francesca Bellafiore). Di Pietra era finito sotto processo per avere offeso, il 5 dicembre 2003, l’allora presidente provinciale di Libera dandogli del “mafioso” e affermando che tale era anche la sua “razza”.
Negli anni ’90, Di Pietra rimase coinvolto, con l’accusa di associazione mafiosa, nell'inchiesta sfociata nel processo “Patti più 40”. Finito in carcere, fu poi assolto. Ma ciò nonostante subì la confisca dei beni: un appartamento al 13esimo piano del palazzo “grattacielo” di Marsala e un locale al piano terra di via Sanità. E proprio sulla questione della confisca esplose la polemica con l’avvocato Gandolfo.
Piccola curiosità: nell'ultima udienza, Di Pietra, ha ricordato di aver di recente incontrato, con altri amici, per strada, il fratello di Peppe Gandolfo, e cioè Michele, consigliere comunale, da lui definito "gran persona per bene. Non ha nulla a che vedere con il fratello". E, sembra, secondo il racconto di Di Pietra, che anche il consigliere comunale abbia biasimato il comportamento di suo fratello nei confronti di Di Pietra.