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04/01/2020 07:01:00

"Un casuale incontro di uomini e destini. Così è nata l'Orchestra di Sappusi"

 A Capodanno, alle sette di sera, nel quartiere marsalese di Sappusi, sembra già mezzanotte: tutti stanno dentro casa a riposarsi dopo gli estenuanti pranzi del giorno; fuori tutto è buio, nemmeno i lampioni hanno il coraggio di illuminare le strade. Tutto eccetto la luce che esce da una porticina laterale del Centro Sociale. 

In una stanzetta del sottoscala del Centro trovo Salvatore Inguì, assistente sociale e referente di “Libera”, che chiacchiera con due ragazzi. Parlano di calcio, scherzano su come vanno le loro squadre. Poi i due chiedono il permesso di prendere da un armadietto una pallina per giocare a biliardino nella stanza accanto. «Abbiamo cominciato da questa stanza», mi dice Salvatore, «e poco per volta abbiamo aggiunto pezzi: ora abbiamo una palestra aperta a tutti, una biblioteca dove leggere e fare doposcuola, un campo sportivo, un orto, e da un corso di chitarra abbiamo messo su un’orchestra!». Quando parla al plurale, il “noi” a cui si riferisce è costituito dalle associazioni (sono più di dieci) che quotidianamente si impegnano ad animare il Centro: c’è “Libera”, “Arché”, “Amici del Terzo Mondo” e tante altre. E l’orchestra a cui hanno dato vita è la Libera Orchestra Popolare che sabato 4 gennaio, alle 18, al Teatro Comunale di Marsala porta in scena il suo primo vero concerto, “Il nostro canto Libero”. L’ultima volta che abbiamo parlato assieme dell’Orchestra era quasi un anno fa, il 12 gennaio del 2019, presentavamo il nuovo libro di Evelina Santangelo, “Da un altro mondo”, un romanzo di resistenza e integrazione sociale, e nel raccontarci la realizzazione di questa felice utopia musicale, Salvatore ci informava che da un giorno all’altro, a causa del Decreto Sicurezza, tutta la componente africana della banda era dovuta scappare via dalla città per cercare rifugio in altri paesi. «Non fu soltanto il Decreto Sicurezza la ragione per cui scapparono. Fu soprattutto la campagna denigratoria e l’odio razziale che stava cominciando a montare a Marsala. Che era il luogo che li aveva accolti, dove iniziavano a sentirsi a casa. Da quel momento, dall’autunno dell’anno scorso, alle prove ci ritrovammo in tre, quattro. Abbiamo continuato lo stesso a venire, settimana dopo settimana, e in un anno, siamo ritornati a essere una sessantina, tutti diversissimi tra di noi, ed è nella bellezza delle nostre diversità che ci sentiamo profondamente uniti».

La storia dell’Orchestra conserva, fin dalla sua nascita, la premonizione del casuale incontro di uomini e destini, riuniti dal desiderio comune di suonare la stessa musica. Doveva essere, infatti, soltanto un semplice corso di chitarra, ma il giorno prima del suo inizio l’insegnante dà forfait. Gli organizzatori sono sconfortati, non sanno come dire ai ragazzi del quartiere che il corso non ci sarà. Poteva finire tutto così, in una speranza mancata. Non erano questi, però, i piani del destino. Alcuni ragazzi di una scolaresca del Liceo Scientifico, quel giorno in visita al Centro Sociale, girovagando per le stanze si accorgono delle quattro chitarre che aveva portato Salvatore da casa sua per la lezione del pomeriggio. Ignari di tutto l’accaduto, le impugnano e si mettono a suonare. Salvatore quasi non ci crede e senza pensarci due volte chiede se di pomeriggio potevano essere loro a tenere la prima lezione del corso. Nel giro di pochi mesi, la realtà dell’Orchestra prende corpo. A partecipare sono tanti “i minori stranieri non accompagnati”, i ragazzi disabili, i ragazzi con disabilità psichica, gli stessi ragazzi del quartiere. Fanno concerti per la Giornata del Rifugiato, per il ritrovo nazionale dei giovani di Libera a Trappeto, fino al prestigioso invito a Eataly di Milano, che disgraziatamente arriva nello stesso periodo della notizia della fuga.

A un anno di distanza è stata superata la paura che fosse ormai svanito quel sogno meticcio di suoni colori e uomini. La Libera Orchestra Popolare oggi è pronta a ritornare sul palco, con le sue canzoni e il desiderio, mai disatteso, di includere ancora più gente.

Alla fine del loro torneo, Giovanni e Andrea, riportano la pallina nell’armadietto e ci salutano. E anche noi ci apprestiamo ad uscire, un anno nuovo sembra essere cominciato con la nota giusta.