Arrestato per mafia nel novembre scorso, Antonello Nicosia, prima ancora di diventare l’assistente della deputata Giuseppina Occhionero, aveva escogitato uno stratagemma per entrare nelle carceri prendendo in giro tutti.
Come racconta Livesicilia, il 12 ottobre 2017, era riuscito ad entrare nel carcere di Trapani insieme alla delegazione dei Radicali.
Il documento di identità era falso: indicava come data di nascita il 30 luglio 1971 (lui è nato il 26) ed il numero del documento era intestato al figlio.
In questo modo, inserendo quei dati nel sistema informatico, i suoi precedenti penali non venivano fuori.
Ma il responsabile delle guardie penitenziarie si ricordò della sua faccia e di come questa fosse associata alla stessa persona che in passato aveva trascorso una lunga detenzione, con il risultato che il Dap gli aveva impedito di accedere al carcere per le volte successive.
E sempre con un trucco sul documento, ancor prima era riuscito ad entrare al Pagliarelli di Palermo.
Era il 19 aprile 2017 quando, accreditato dall’associazione “Nessuno tocchi Caino”, presentava una carta d’identità con un diverso anno di nascita, 1961 al posto di 1971.
Poi, nelle visite del dicembre 2018, eccolo presentarsi come assistente della deputata Occhionero e visitare l’Ucciardone e il Pagliarelli di Palermo, oltre alle carceri di Sciacca Trapani e Agrigento. Si era portato avanti col lavoro: il suo contratto di collaborazione sarebbe infatti partito soltanto da gennaio. Ecco perché l’onorevole è accusata di falso.
Certo, la vicenda non si sarebbe diffusa oltre lo Stretto, se il fango dei comportamenti di uno sciagurato come Nicosia non avesse colpito, più o meno indirettamente, Leu, Italia Viva ed il Pd, che sono i partiti dove ha transitato la Occhionero. O ancora gli stessi Radicali, dei quali era diventato esponente lo stesso Nicosia, che alla fine se la sono presa con i giornali, rei di non fare i necessari distinguo tra “Radicali Italiani” ed il “Partito Radicale”.
In questi casi, lo sport preferito è quello di usare il fatto che l’arrestato per mafia “appartenga” a questo o a quel partito, in modo da dare addosso all’avversario politico. Insomma, tra chi gioca in difesa e chi in attacco, si perde quasi sempre il senso della misura.
Chi poteva (doveva) accorgersi di chi fosse davvero Nicosia non l’ha fatto.
O almeno non l’ha fatto in tempo.
E gli ha dato una fiducia sconfinata.
Al punto che la Occhionero, sentita dalla Procura, avrebbe candidamente ammesso che i penitenziari da visitare li sceglieva Nicosia, che nel suo curriculum aveva inserito esperienze e titoli falsi come una banconota da 15 euro.
Come può credere un deputato nazionale che sia possibile “insegnare lo sbarco anglo americano e la storia della mafia” presso l’università della California”? Sì, perché questo c’era scritto nel curriculum di Nicosia.
La cosa curiosa è che ad un certo punto, molto tardivamente, l’onorevole comincio ad avere dei dubbi e facendo delle telefonate di verifica alle università, si accorse che in California (così come a Palermo) il suo assistente non lo conosceva nessuno.
E quando lui le parlava dei mafiosi? Come giustificava il fatto di conoscerli?
La risposta che la Occhionero dà agli inquirenti, riportata da Livesicilia, è da brividi:
“Mi diceva di conoscerli in ragione delle materie trattate all'Università della California”.
Parlare di ingenuità è un eufemismo.
Egidio Morici