La mafia dei pascoli ha fatto affari per anni grazie alla collusione di colletti bianchi, politici, rappresentanti del mondo sindacale o parasindacale. Una mafia vecchia ma sempre nuova, in grado di reinventarsi e reinventare il business. Collusioni che hanno consentito ai mafiosi dei Nebrodi di estendere il loro controllo su mezza Sicilia.
Una mafia dei pascoli spesso sottovalutata ma protagonista e centrale nelle reti sociali, politiche ed economiche in un’area della Sicilia, quella dei Nebrodi, spesso dimenticata. Una mafia in condizione di espandere il proprio dominio su altre aree: dall’Ennese al Catanese. Al centro di tutto l’affare dei terreni, dei pascoli e soprattutto le truffe all’Unione europea. Possiamo sintetizzare così il senso della maxi operazione portata a segno da carabinieri e Guardia di finanza con il coordinamento della Procura antimafia di Messina guidata da Maurizio De Lucia.
Una inchiesta che cristallizza la nuova struttura della Cosa nostra dei tortoriciani, i terribili clan di Tortorici nel messinese che hanno messo a ferro e fuoco la provincia di Messina all’inizio degli anni Novanta. Sembravano azzerati da operazioni come Mare nostrum a metà degli anni Novanta. Ma non erano affatto spariti, anzi tutt’altro. Questa inchiesta fissa nero su bianco il valore del protocollo che porta il nome dell’ex presidente del Parco dei Nebrodi Giuseppe Antoci: un protocollo diventato legge che sbarra la strada all’accaparramento mafioso dei terreni agricoli e dunque attraverso questi dei contributi dell’Unione europea tramite l’Agea. Antoci, vittima di un attentato mafioso a maggio del 2016, e vittima soprattutto di maldicenze, veleni, spifferi a volte anche calunniosi come spesso succede in Sicilia negli affari di mafia.
All’attentato, in quella terribile notte del 18 maggio 2016, il gip Salvatore Mastroeni che ha firmato l’ordine di custodia cautelare, dedica un passaggio che appare rilevante soprattutto alla luce dei presunti misteri che qualcuno ha voluto stendere su quell’attentato: «Nel contesto che emerge nella presente indagine di truffe milionarie e di furto mafioso del territorio si trovano aspetti di significazione probatoria e chiavi di lettura di quell’attentato. Antoci si è posto in contrasto con interessi milionari della mafia».
Nino Amadore, Il Sole 24 Ore (qui il link)