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17/01/2020 06:00:00

Il patto tra Cosa nostra e i Casalesi e il monopolio dell'ortofrutta gestito dagli Sfraga

Da tempo Casalesi e Cosa Nostra hanno stretto un patto d'acciaio per il controllo e la gestione dell'ortofrutta nel Sud Italia. Nonostante tutti i colpi inferti da inchieste, condanne e 41 bis inflitti ai boss e ai picciotti, il crimine organizzato guarda verso il trasporto su gomma della grande distribuzione, senza tuttavia mai rinunciare al business legato ai rifiuti.

In un incontro a Firenze organizzato dalla Fondazione Caponnetto sono emersi nuovi particolari sulle strategie che stanno spingendo le cosche siciliane (e in particolare quella dei Corleonesi) a stringere accordi con la camorra. All’incontro ha partecipato anche il sostituto della Direzione nazionale antimafia Cesare Sirignano, alle prese con le più importanti e delicate inchieste sulla camorra napoletana e casertana.

La Procura nazionale antimafia, con le rispettive Direzioni distrettuali competenti sui rispettivi territori, ha già acquisito importanti risultati sul fronte della lotta alle agromafie. Tante ancora le indagini in corso tra Campania, Sicilia, Calabria e molte altre regioni del Nord che puntano a individuare i canali di quello che appare diventato il core business delle mafie italiane.

Patto tra Casalesi e siciliani - I due gruppi hanno deciso di puntare verso un interesse condiviso dividendosi la grande torta dei trasporti. Su gomma circola così di tutto: dalla cocaina alle armi, tonnellate di hashish e rifiuti (quelli comuni come quelli tossici), da un lato; e dall'altro i prodotti ortofrutticoli ed altri beni leciti. Perché, oggi, chi controlla il trasporto su gomma mette le mani su una parte importante dell'economia nazionale.

L’accordo tra cosche siciliane e casertane non è nuovo stando ai risultati di alcuni processi che si sono conclusi con numerose sentenze di condanna - da tempo con patti che sarebbero stati stretti tra i boss anche all'interno delle carceri. Motivo che spinge a tenere alta la guardia, e che induce a comminare ai vertici delle organizzazioni mafiose la pena accessoria del regime dell'isolamento al 41 bis.

Il monopolio dell’ortofrutta - Tra gli accordi quello principale riguarda il monopolio dei trasporti di prodotti ortofrutticoli a bordo di Tir e anche quello dell'acquisto di frutta e verdura coltivati in Sicilia o in Campania; il che equivale a consentire alla criminalità organizzata di decidere i prezzi, sottraendoli così al libero mercato.

Dalle indagini si è giunti anche alla condanna di diversi affiliati al clan dei Casalesi. Paolo Schiavone - figlio del boss Francesco - gestiva gli affari del mercato ortofrutticolo di Fondi: ed è stato condannato a 10 anni di carcere per aver monopolizzato, proprio in virtù di un accordo con i siciliani di Gaetano Riina (fratello di Totò) il trasporto su gomma di frutta e verdura, alimenti di fatto imposti dal clan. Da Fondi in giù, il Sud Italia - questo ha scritto la sentenza, facendo propria l'impostazione accusatoria dello stesso pm Sirignano - era appannaggio degli Schiavone e dei Riina, ma anche della ndrina dei Tripodo con il sostegno di Trani, oltre alle ndrine Bellocco e Garruzzo, poi spodestate.

Assieme ai Riina sono i fratelli marsalesi Antonio e Massimo Sfraga, gli imprenditori nel comparto dell’ortofrutta i cui affari sono cresciuti fino a tal punto da avere una sorta di monopolio nel trasporto della frutta in tutto il sud Italia, proprio grazie all’ala protettiva della mafia corleonese in accordo con il clan dei Casalesi.

Gli imprenditori marsalesi furono arrestati il 10 maggio 2010 nell’ambito di un’operazione condotta dalla Dia di Roma e dalla Squadra mobile di Caserta, che consentì, con 68 arresti, lo smantellamento di un asse criminale camorra-mafia che, secondo l’accusa, imponeva il monopolio dei trasporti su gomma ai commercianti che operano nel settore dei prodotti ortofrutticoli. Con il giudizio di primo grado i fratelli Sfraga sono stati condannati a tre anni di carcere, poi confermata dalla Corte d’appello di Napoli il 7 gennaio 2014. A fine ottobre 2015, però, la Cassazione, accogliendo di fatto la tesi difensiva della “inattendibilità” del pentito Gianluca Costa, ha annullato, con rinvio del processo in appello, la condanna dei fratelli Sfraga a 3 anni di carcere per “illecita concorrenza con minaccia o violenza”.

Il ruolo - Per gli inquirenti, gli Sfraga sarebbero stati, nel settore dell'ortofrutta, il trait d’union tra la camorra e Cosa Nostra. I due fratelli sarebbero stati imprenditori di riferimento dei capimafia Riina e Provenzano, garantendo il monopolio del trasporto verso Fondi (Lt) e altri mercati meridionali a ditte del clan casertano. Il ruolo criminale messo a disposizione di Cosa nostra dai fratelli Sfraga emerge dall’operazione “Sud Pontino”, coordinata dalla Procura Distrettuale Antimafia di Napoli. Sono i referenti del sodalizio mafioso facente capo alle famiglie Riina e Provenzano, per quanto attiene il trasporto di prodotti ortofrutticoli, ed in concorso con altri soggetti, alcuni dei quali appartenenti ad alcuni gruppi camorristici, segnatamente ai casalesi. Questi, infatti, imponevano, sia nei mercati di Catania e Gela e della Sicilia Occidentale, sia nei mercati di Fondi, Aversa e Giugliano e, quindi, ai commercianti che vi operavano, quale ditta che doveva effettuare il trasporto su gomma dei prodotti ortofrutticoli, sulle tratte dalla Sicilia occidentale verso la Campania, il Lazio e altre zone del territorio nazionale, la Paganese Trasporti snc, ovvero altra da questa designata.

Le connessioni con altri gruppi criminali italiani – Nella vicenda degli Sfraga ci sono i collegamenti con personaggi come Costantino Pagano, Luigi Terracciano, Domenico Menna, Salvatore Frontoso, Carlo Del Vecchio, gestori della ‘’Paganese Trasporti snc’’, referenti del clan camorrista dei Casalesi per il trasporto su gomma del settore ortofrutticolo, i catanesi Giuseppe e Vincenzo Ercolano, Nunzio Di Bella, Nunzio Scibilia, Orazio Fichera, elementi di riferimento del clan mafioso Ercolano-Santapaola, nonché Giuseppe Antonio Domicoli e Biagio Cocchiaro, referenti del ‘’clan Madonia’’, famiglia Rinzivillo, di Gela. L’organizzazione avrebbe “condizionato il libero mercato con atti di violenza, minaccia e intimidazione tipici delle organizzazioni di stampo mafioso”.