Il ministro della Salute Roberto Speranza ieri ha detto che le misure di contenimento contro il diffondersi del coronavirus «verranno estese almeno fino a Pasqua», ovvero fino al 12 aprile. È quanto consigliato dal comitato tecnico-scientifico, «e il governo si muoverà in questa direzione» ha detto Speranza. Stando alla Stampa e a Repubblica, però, Conte, che si augura «di tornare al più presto alla normalità», vorrebbe prorogare la quarantena fino al 18 aprile, se non addirittura al 4 maggio per evitare che gli italiani si spostino per i ponti. Detto ciò non è escluso che alcune attività industriali possano riprendere dalla seconda metà di aprile. Il Consiglio dei ministri che delibererà la proroga dovrebbe essere convocato per giovedì.
Resta inteso che spiagge, concerti, aperitivi nei locali ce li scorderemo «fino a quando non avremo trovato una terapia o un vaccino contro il Covid» dice Walter Ricciardi, consigliere del ministro Speranza.
Le scuole non riapriranno prima di maggio, sempre che la curva del contagio lo permetta. Il ministro dell’Istruzione Lucia Azzolina non ha voluto dare date «per garantire la massima sicurezza a tutti gli studenti». Sarà possibile svolgere gli esami con la presenza fisica dei ragazzi davanti ai professori solo a emergenza completamente conclusa. Se così non fosse, le prove si svolgeranno a distanza.
Stando a un sondaggio di Skuola.net il 27% degli studenti intervistati non ha in casa dispositivi a sufficienza: spesso genitori e figli si trovano a dover lavorare e studiare nelle stesse fasce orarie. Il 23% ha problemi di rete e, tra blocchi improvvisi della connessione e riavvii, non riesce a seguire con attenzione le lezioni. Il 36% degli intervistati sostiene di passare davanti allo schermo del computer circa 5-6 ore al giorno, il 30% arriva fino a 10 ore di studio al giorno, l'8% va oltre.
Niente ora d’aria per i più piccoli. Il presidente del Consiglio superiore di Sanità, il pediatra Franco Locatelli, non s’è lasciato commuovere dalla lettera che la piccola Eva Luna, 8 anni di Genova, ha scritto al premier Conte chiedendo appunto «un’ora d’aria». «Non è ancora il momento di far uscire i bambini», ha tuonato severo Locatelli, che però ha assicurato: «Appena le condizioni lo consentiranno sarà una delle prime misure che verrà rivista»