Quando la tragedia che stiamo vivendo sarà alle nostre spalle, questo Paese avrà una straordinaria opportunità: quella di essere rifondato su nuove basi.
Non scandalizzi questa manifestazione di ottimismo in mezzo alla tragedia di chi ancora piange i propri cari o che ancora dovrà piangerli.
La storia insegna che ciclicamente per ogni comunità nazionale arriva il momento del reset che coincide con quello più basso, dal quale si può solo ripartire.
Così è stato per il nostro Paese nei primi del secolo trascorso allorchè il tramonto del mondo ottocentesco e delle grandi potenze imperiali ha visto l’irrompere sulla scena nazionale di nuovi impulsi che, seppur forieri del primo grande conflitto mondiale, hanno permesso all’Italia di definire una propria identità nazionale e culturale; così è stato anche all’indomani della seconda guerra mondiale allorchè è stato necessario ricostruire un paese dalle macerie provocate dal fascismo.
Così sarà anche per l’Italia di oggi, devastata dall’epidemia e dalla crisi economica che ne verrà.
All’indomani della seconda guerra mondiale questo Paese seppe trovare uomini in grado di sobbarcarsi sulle proprie spalle questo grande compito; penso fra tutti ad Alcide de Gasperi, uno statista dimenticato se non in occasione di formali ed ormai vuote ricorrenze.
Un uomo, un politico, che seppe portare con dignità alla Conferenza di pace di Parigi la voce di un paese sconfitto e devastato, quale era l’Italia di allora e che con il suo esempio di vita (prima ancora che di politico) seppe avviare la ricostruzione di una intera nazione, rifuggendo dal protagonismo e badando alla sostanza delle cose.
Non ultima quella di favorire la nascita di una nuova classe dirigente alla quale venne affidato il compito di proseguire nel lavoro da lui impostato.
Fa specie oggi rileggere alcuni passi dei suoi discorsi, sembra di cogliere una certa ingenuità in tutta la sua esperienza politica ed in tutta la sua vita: come quando nel 1945 per recarsi a Washington al fine di ottenere un prestito alimentare, fu necessario che qualcuno gli prestasse un cappotto (non avendone egli uno decoroso)!
Ecco io penso che, all’esito di questa immane tragedia che siamo stati chiamati a vivere in modo inatteso, potremo eguagliare la profondità di quella esperienza che ha permesso all’Italia di risollevarsi dalla depressione nella quale l’aveva gettata la dittatura.
Avremo il dovere di selezionare una nuova classe dirigente finalmente all’altezza di questo Paese, se lo vorremo, di rifondare la Repubblica su basi più eque e solidali, ma anche più inclini a valorizzare le potenzialità del nostro popolo e le risorse imprenditoriali e culturali di cui disponiamo.
E’ un’occasione unica che mi auguro sapremo sfruttare al meglio, riportando il focus degli investimenti nel settore pubblico, sanità, istruzione, ricerca, liberandoci dai miracolati senza storia personale e senza alcuna competenza giunti tra i banchi del Parlamento grazie alla contingenza del momento o agli algoritmi di una oscura piattaforma web.
Si dovrà ripartire da un governo composto dalle migliori intelligenze: è solo così che si affronta una ricostruzione.
Probabilmente assisteremo anche al tentativo dei soliti noti di riciclarsi o di riproporsi come affidabili punti di riferimento.
Basterà dire loro basta: non vi vogliamo più, adesso è il tempo di coloro che possono mettere al servizio del Paese, in modo disinteressato, le loro competenze fatte di sacrificio e di sobrietà.
Anche chi in questi giorni paventa legittimamente, vista l’imminente recessione economica, lo spauracchio di rivolgimenti sociali dovrà comprendere che, se anche questo Paese venisse messo a soqquadro, prima o poi sarebbe comunque necessario avviare una fase di ricostruzione.
L’operaio e il professionista, il grande intellettuale e il disperato, tutti saremo chiamati con eguale importanza a questo.
Se saremo capaci di coglierne l’opportunità non è solo l’unico appiglio di speranza rimastoci ma è l’interrogativo su cui si fonda il destino comune di una intera nazione.
Vincenzo Pantaleo