Qualche giorno fa Tp24, ma anche l’Agi ed altre testate, hanno parlato del medico che, nonostante avesse contratto il coronavirus, aveva continuato a lavorare presso l’ospedale di Castelvetrano.
Una notizia vera, tanto che il direttore dell’Asp di Trapani Fabio Damiani aveva dichiarato all’Agi di aver chiesto un provvedimento disciplinare, riservandosi anche di segnalare l’episodio alla procura.
Si dirà, ma allora perché in un secondo tempo Damiani ha affermato che “Nessun medico dell’Asp di Trapani ha mai continuato a lavorare essendo positivo al Covid-19”?
Agenzie e redazioni hanno quindi scritto delle corbellerie?
Nella percezione “social”, la successiva dichiarazione di Damiani è stata interpretata erroneamente come se il medico in questione non si fosse mai recato al lavoro dopo aver contratto il virus.
Il direttore dell’Asp però non ha mai detto questo.
In realtà tutto è racchiuso nel termine “positivo al virus”.
Sì, perché sia all’Agi che alle altre testate giornalistiche (Tp24 compresa), è capitato di scrivere che il medico andava a lavorare pur essendo “positivo” al coronavirus. E dato che la positività può stabilirla soltanto il tampone, che evidentemente in quei due o tre giorni in cui erano comunque presenti i relativi sintomi, non era stato ancora fatto, non si sarebbe potuto dire che il medico era positivo.
Se al posto di “positivo al virus”, si fosse scritto “con i sintomi del virus”, tutto avrebbe preso una piega diversa.
Insomma, un “piccolo” particolare che però segna un grande discrimine, visto che esistono due momenti distinti: quello in cui il virus viene contratto e quello in cui viene “fotografato” col tampone. Dopo il quale, il paziente viene messo in isolamento.
Se il medico avesse continuato a lavorare in ospedale per più di un giorno, dopo essere risultato positivo al Covid-19, la responsabilità sarebbe stata dell’Asp.
Ma se fosse stato consapevole di averne i sintomi, in assenza di tampone, la responsabilità sarebbe stata la sua.
Una cosa è certa: ha continuato a lavorare essendo “positivo” di fatto, anche se la positività non era stata ancora certificata da nessun tampone. Prova ne è il successivo ricovero e l’annuncio di Damiani sul provvedimento disciplinare, con la possibilità di trasmissione degli atti in procura, che il direttore dell’Asp non ha mai smentito.
Sui social, la vicenda ha rischiato invece di essere considerata del tutto inventata, come se fosse una fake messa in giro da qualche sito di bufale.
Sono gli effetti della disintermediazione, in cui ci si ferma ad una dichiarazione lapidaria di un rappresentante delle istituzioni, senza porsi ulteriori domande sull’origine dell’apparente contraddizione.
Certo, è indubbio che i giornalisti debbano stare attenti all’uso delle parole, soprattutto in questo delicato periodo. Ma anche se qualche leggerezza può sempre capitare, le cose vanno comunque raccontate.
Ed in questo caso, i giornalisti non le hanno raccontate per “buttare fango” sulla professionalità del medico, mai messa in discussione. Né per osteggiare l’Asp che, a causa della grande mole di lavoro in un emergenza epidemiologica alla quale nessuno era preparato, fa legittimamente fatica a garantire una lucida interlocuzione estemporanea con la stampa.
Egidio Morici