I mal di pancia in seno a Cosa Nostra belicina sono stati al centro della deposizione del maggiore dei carabinieri Diego Berlingieri nel processo “Accardo Giuseppe + 14” (operazione “Annozero”) avviato davanti il Tribunale di Marsala.
“Dalle indagini – ha detto l’ufficiale rispondendo alle domande del pm della Dda Francesca Dessì - emerge la rigida gestione dell’organizzazione criminale da parte del latitante Messina Denaro tramite i suoi familiari e le critiche per una gestione eccessivamente personalistica, con lamentele di altri affiliati che erano impegnati in attività mafiose ma che non venivano ricompensati economicamente”.
“Nel corso di un dialogo intercettato l’8 agosto 2015 – ha continuato Berlingieri - con un’ambientale sull’auto di Giuseppe Tilotta, (nella foto) che parla con Leonardo Milazzo (entrambi già condannati, in primo grado, con rito abbreviato, ndr), ascoltiamo la frase: ‘Veniamo utilizzati fino a quando serviamo e poi gettati come un fazzoletto’. Tre gli argomenti di quella conversazione: la linea di Messina Denaro su una pace apparente per fare minor rumore possibile allo scopo di tutelare gli interessi economici della famiglia, la scarsa presenza sul territorio del latitante e le lamentele di più associati per mancati aiuti economici alle loro famiglie”. Quest’ultima contestazione, ha spiegato il maggiore Berlingieri, viene fuori nel corso dello stesso dialogo intercettato e sarebbe stato il mazarese Franco Bastone a dire che suo fratello Giovanni, allora in carcere da 25 anni, “è stato abbandonato”.
Anche il 58enne Vito Signorello, arrestato nell’operazione “Campus Belli”, padrino di battesimo di Leonardo Milazzo avrebbe manifestato la sua “insoddisfazione” per l’organizzazione criminale, che non ha gradito la sua scelta di patteggiare la pena. “Questo non è da uomo d’onore” dice Tilotta a Milazzo. “Tilotta, che condannava la politica di basso profilo del latitante e dei suoi familiari, – ha continuato Berlingieri – dimostra di essere profondo conoscitore delle dinamiche interne della famiglia mafiosa, essendo amico di Gaspare Como”. Quest’ultimo è uno dei 15 imputati del processo. Da un’altra intercettazione, invece, viene fuori un curioso espediente del Tilotta per non destare sospetti quando va a trovare Gaspare Como, cognato di Matteo Messina Denaro, al suo negozio (Il Mercatone” di Castelvetrano). “Tilotta, infatti – ha detto Berlingieri – prima di uscire dal negozio chiede a Como due scatole vuote di camice e Como gli dice: ‘Tu la sai lunga”. Così, se uscendo viene filmato da telecamere piazzate dagli investigatori, può giustificarsi dicendo che era andato a comprare delle camicie. Con intercettazioni telefoniche, ambientali, videoriprese, ma anche dichiarazioni di collaboratori di giustizia, gli investigatori sono comunque riusciti a fotografare le dinamiche interne a Cosa Nostra sull’asse Castelvetrano-Campobello-Mazara. E con diverse operazioni a fare sempre più a fare “terra bruciata” intorno al boss latitante.
Il maggiore Berlingieri, ex comandante del nucleo investigativo del Comando provinciale dei carabinieri di Trapani e adesso al Ros di Reggio Calabria, continuerà a spiegare l’iter delle indagini il prossimo 4 giugno.