Chiude il reparto di Ortopedia dell’ospedale di Castelvetrano.
I propositi di potenziamento delle strutture ospedaliere, in seguito all’emergenza Covid che ha funestato il nord Italia, non hanno ancora attecchito in Sicilia.
E Ortopedia chiude nel modo peggiore. Erano rimasti soltanto in due a preparare i pazienti che poi venivano operati con l’aiuto degli ortopedici di Marsala. Ma oggi anche il personale paramedico è stato trasferito in altri settori ed il reparto non esiste più.
Ne abbiamo parlato con il dottor Bartolomeo Lupo, ex direttore di Ortopedia e Traumatologia al “Vittorio Emanuele II” di Castelvetrano, in pensione da poco meno di un anno.
Dottor Lupo, come è potuto succedere?
Ortopedia non ha chiuso l’altro ieri. Il provvedimento di chiusura del reparto era già in atto a metà maggio. Ed è come se non se ne fosse accorto nessuno.
Ma fa parte di un declassamento dell’intera struttura sanitaria castelvetranese, che è iniziato già nel 2007, quando assessore alla Sanità regionale era Massimo Russo, quando i 120 posti letto furono portati a circa 110. Poi ci furono delle lamentele e si arrivò a 118. Mazara del Vallo, invece, ha sempre superato i 120 posti, anche se di poco.
E la Legge Balduzzi ha decretato che al di sotto dei 120 posti letto non si possono avere determinati servizi, come per esempio la rianimazione.
L’assegnazione dei posti letto avviene in base al bacino di utenza, che da noi si attesta intorno ai 100 mila abitanti. Mazara ne ha 60 mila. C’è qualcosa che non funziona.
Dopo Russo e Lucia Borsellino, abbiamo avuto Gucciardi, che però ha fatto un bel piano sanitario, realizzando 5 ortopedie complesse.
Razza invece ha declassato diverse Unità Operative, tra le quali Castelvetrano, che aveva i migliori numeri della provincia, in termini di esiti, numeri di accesso ed altro.
Si parla spesso di solitudine politica e di difficoltà a contare qualcosa in termini di risultati e decisioni dall’alto. Che idea si è fatta?
La solitudine politica non è recente. E’ evidente che da quasi 15 anni non è riuscita ad incidere. Ma i risultati fanno fatica ad arrivare quando alla guida della sanità ci vanno tutti tranne che i medici.
Abbiamo avuto solo un’eccezione, quella del dottor Giovanni Bavetta come commissario dell’Asp di Trapani. Appena insediato, per esempio, ha nominato subito coloro che erano vincitori di concorso (me compreso, he attendevo da 5 anni), facendo anche altre assunzioni. Ma aveva anche un’idea lungimirante della sanità provinciale perché da medico, aveva gli strumenti concettuali adeguati a comprendere bene il funzionamento della sanità. Col decreto Balduzzi non sarebbe stato possibile mantenere 5 ospedali in provincia. Ma Bavetta aveva proposto di differenziare l’offerta, evitando di avere 5 ospedali che offrono la stessa cosa. Per esempio, a Mazara un centro oncologico, a Castelvetrano un traumatologico e così via. Come una sorta di policlinico distribuito sull’intera provincia. Ogni ospedale come un padiglione, ma con un’offerta sanitaria di qualità. Rispettando inoltre le branche basi, come struttura complessa e non semplice.
Quest’idea di Bavetta non ha però avuto il necessario ascolto. E dopo l’emergenza Covid, quando era sembrato che tutti fossero d’accordo sul potenziamento degli ospedali, sembra che la Sicilia stia continuando ad andare sulla strada opposta. Insomma, a parole si potenzia e nei fatti si smantella.
Purtroppo la politica, più che al paziente, è sempre stata interessata ai voti e alle poltrone. Oggi il risultato è che se qualcuno si rompe un femore deve andare a Marsala. Sempre se trova posto. E sarà difficile, visto che in tutta la provincia ci sono soltanto due ortopedie per una utenza di 450 mila abitanti. Soprattutto in estate, saranno sempre pieni ed oberati di lavoro. Ed allora andranno a finire in qualche ospedale della provincia di Palermo.
È ovvio che due soli reparti di ortopedia sono assolutamente insufficienti. Gucciardi ne aveva previsto cinque, tutte complesse. Razza invece le ha ridimensionate in due complesse e tre semplici che però non vedranno mai la luce.
Alla luce di quest’emergenza coronavirus, pensa che sarà fatto qualche passo indietro rispetto a questi ridimensionamenti?
Guardi, non lo so. Ho come l’impressione che fin quando il politico non vedrà traballare la sua poltrona, non farà mai niente. L’input dovrebbe venire da Roma e i tempi saranno abbastanza lunghi. Ma siamo già in estate, ci sarà un aumento degli incidenti ed i pazienti non troveranno adeguata assistenza. Un traumatizzato, se necessario, verrebbe stabilizzato all’ospedale di Castelvetrano e poi trasferito chissà dove. Con tutti i rischi che la cosa comporta, visto che durante il tragitto del trasferimento potrebbe succedere di tutto, per esempio un’embolia, con le prevedibili difficoltà di intervento. Lei crede che a queste cose i politici ci pensano?
Che cosa si potrebbe fare?
Lancio un appello a tutti i sindaci della valle del Belice, che rappresentano centomila cittadini.
Fate un’occupazione pacifica dell’ospedale, con addosso la fascia tricolore, magari insieme ai consiglieri comunali. Sono convinto che il popolo seguirà a ruota.
Se anche questo non dovesse sortire effetto, davvero i cittadini dovrebbero consegnare la propria tessera elettorale all’assessorato alla sanità e dire “noi non votiamo più”. Ecco, questo vuol dire far traballare la poltrona al politico.
Purtroppo ancora i cittadini non hanno piena consapevolezza di ciò che è accaduto e che sta ancora accadendo. Se ne accorgono quando finiscono al Pronto soccorso e magari subiscono i disservizi e se la prendono col medico di turno.
Egidio Morici