Con i soldi non si scherza in seno a Cosa Nostra. Anche tra clan che fanno riferimento allo stesso capo. Nella fattispecie al superlatitante Matteo Messina Denaro.
E’ di quanto ha parlato, in Tribunale, a Marsala, il maggiore dei carabinieri Diego Berlingieri, ascoltato nel processo “Accardo Giuseppe + 14”, scaturito dall’operazione “Annozero”.
Rispondendo alle domande del pm della Dda Francesca Dessì, l’ufficiale ha parlato di “frizioni” che “per un problema di natura economica” si crearono, tra l’agosto e il novembre 2014, tra alcuni esponenti delle famiglie mafiose di Castelvetrano e Campobello di Mazara. E il maggiore Berlingieri ha spiegato che quelle “frizioni” vennero a galla grazie alle intercettazioni telefoniche e ambientali che hanno permesso di ascoltare le conversazioni tra i presunti mafiosi del calibro di Giuseppe Tilotta, Vincenzo La Cascia, Gaspare Como (nella foto), Raffaele Urso e altri. “Dalle conversazioni intercettate – ha detto l’investigatore – si capisce che c’erano problemi di natura economica tra le famiglie di Castelvetrano e Campobello di Mazara. Il 2 agosto 2014, Tilotta telefona a La Cascia e prima che questi risponda, in ambientale si sente che il primo parla con Gaspare Como. Si ascolta la frase: ‘Vincenzo era più quotato di Filippo’. Si parla di Filippo Sammartano, deceduto nel gennaio 2016, in passato più volte arrestato e il 7 giugno 2001 condannato per associazione mafiosa dal Tribunale di Marsala. Nove giorni dopo quell’intercettazione, in un’abitazione rurale riconducibile a Raffaele Urso, mafioso vicino a Nunzio Spezia, l’incontro con Rosario Allegra”. Quest’ultimo, deceduto il 19 giugno 2019, è uno dei quattro cognati del latitante Matteo Messina Denaro ed era anche lui imputato in questo processo. Come l’altro cognato Gaspare Como. Sul luogo dell’incontro, che dura pochi minuti, anche Mario Tripoli e Francesco Catalanotto. “Verosimilmente – ha dichiarato il maggiore Berlingieri – Urso e Allegra parlavano di qualcosa di cui avevano discusso in precedenza e Urso dice che a seguito del suo intervento quelli con cui aveva parlato erano rimasti di stucco. Dice che sono rimasti ‘comu i 5 liri scanciati’. Si capisce così che il suo intervento avevo sortito gli effetti sperati, tanto che quelli poi andarono da Allegra quasi a giustificarsi. Prima era andato a vuoto un intervento di Gaspare Como”. Viene fuori, infine, che il problema era un “credito di 2500 euro” per il cui “recupero” era stato incaricato Filippo Sammartano (che Como, parlando con La Cascia, definisce “un frariciumi”), ma nonostante il trascorrere dei mesi quei soldi ancora non arrivavano nelle casse della “famiglia” di Castelvetrano. E per questo, Tilotta incaricò La Cascia, al quale, però, il debitore, che non è stato possibile individuare, disse che aveva dato la somma a Sammartano. “In un primo tempo – ha concluso l’ufficiale – Filippo Sammartano diceva che aveva dato i 2500 euro a Tilotta Giuseppe. Poi, invece, si scopre che li aveva tenuti per se”. Nel novembre 2014, da altre intercettazioni si apprende che il problema era stato superato. Ma Gaspare Como consigliò a La Cascia di non frequentare più il Sammartano.