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28/10/2020 06:00:00

I pescatori di Mazara bloccati in Libia. A due mesi dal sequestro nessuna soluzione

A 58 giorni dal sequestro dei due pescherecci mazaresi, Antartide e Medinea, con a bordo i 18 marittimi, non c'è ancora una soluzione. Sequestrati la notte dell'1 settembre al largo di Bengasi, in una zona che la Libia considera propria e sulla quale c'è da sempre un contenzioso con l'Europa, la vicenda dei 18 pescatori sta diventando sempre più un affare e una sfida tra stati, che vede, nel mezzo, le vite sospese dei pescatori e delle loro famiglie.  Ad oggi, purtroppo, le proteste dei familiari e della marineria sia a Roma, sia a Mazara del Vallo per chiedere la liberazione dei marittimi non sono servite a nulla, se non - quello sì -  a tenere alta l'attenzine mediatica sulla vicenda. 

La richiesta dello scambio con i "calciatori-scafisti" - I pescatori sono accusati di aver violato le acque libiche, ma presto la loro condizione è diventata quella di ostaggi e pedine di uno scambio dell'esercito del generale Khalifa Haftar che controlla la zona di Bengasi. Dalla Libia è arrivata la proposta di uno scambio: “Dateci i nostri calciatori e noi vi diamo i pescatori”. Nel corso delle mediazioni le autorità di Haftar hanno chiesto il rilascio di quattro libici, conosciuti in Libia come calciatori, ma condannati dal Tribunale di Catania a 30 anni di carcere e tuttora detenuti in Italia. Tutti loro sono stati condannati dalla corte d'assise di Catania e poi dalla corte d'appello etnea, con l'accusa di aver fatto parte del gruppo di scafisti responsabili della cosiddetta 'Strage di Ferragosto' in cui morirono 49 migranti. La richiesta di 'scambio di prigionieri' riguarda Joma Tarek Laamami, di 24 anni, Abdelkarim Alla F.Hamad di 23 anni, Mohannad Jarkess, di 25 anni, Abd Arahman Abd Al Monsiff di 23 anni, che la notte della 'strage' avrebbero usato "calci, bastonate e cinghiate" per bloccare i migranti nella stiva dell'imbarcazione. Nel corso del processo, la loro vicenda è stata monitorata dall'ambasciata libica in Italia, partecipando anche ad alcune udienze al Tribunale di Catania. I quattro raccontarono ai giudici di aver pagato per quel viaggio, Al Monsiff disse di "giocare a calcio nella serie A, aveva deciso di andare in Germania per avere un futuro, impossibile in Libia a causa della guerra". L'ipotesi nell'immediato non venne confermata dalla Farnesina, ma nei giorni seguenti il Ministro degli Esteri, Luigi di Maio, rispondendo sull'argomento, disse: "non accettiamo ricatti sui nostri connazionali".

L'accusa di traffico di droga - Oltre ad aver violato le acque internazionali c'è anche un'altra accusa nei confronti dei pescatori mazaresi, quella di traffico di droga. Nel corso dell'unica telefonata concessa dai libici il comandante Pietro Marrone ha informato l'armatore e i suoi familiari che tra le accuse contestate dalle autorità di Haftar c'è anche il traffico di droga: "Hanno trovato droga a bordo, ci accusano di questo - ha detto Marrone. Nella stessa conversazione l'armatore Marco Marrone rispondeva: "È chiaro che vogliono alzare l'asticella".

Il generale Khaled al-Mahjoub, portavoce dell’autoproclamato Esercito nazionale libico guidato da Khalifa Haftar - "I pescatori italiani saranno sottoposti a un procedimento da parte della Procura generale competente e saranno giudicati secondo la legge dello Stato libico - le sue parole -.Nessuna persecuzione dice il generale al-Mahjoub: «I marinai italiani sono stati sottoposti a normali procedure di legge, nei loro confronti non c’è stata e non c’è nessuna persecuzione. Non siamo una milizia, noi siamo un’autorità e un esercito e li abbiamo consegnati alla Procura generale, competente per questo tipo di reato. È stata aperta un’indagine di polizia seguendo le procedure legali al fine di salvaguardare i loro diritti. Sarà dato un incarico a un avvocato per la loro difesa, questo nel caso in cui non ne verrà nominato uno da parte del loro Stato». "Riguardo alla droga, sono stati sequestrati dei materiali che dovranno essere analizzati dalle autorità competenti - continua il Generale -. Spetta agli inquirenti verificarlo e prendere provvedimenti. I pescatori italiani saranno sottoposti a un procedimento da parte della Procura generale competente e saranno giudicati secondo la legge dello Stato libico". Al-Mahjoub ha precisato che sarà la Procura Militare a occuparsene perché il reato è stato commesso durante uno stato di emergenza.

L'appello del vescovo Mogavero - Da un lato l'appello al governo a far presto, dall'altro vicinanza solidale alle famiglie. Così il vescovo di Mazara del Vallo, monsignor Domenico Mogavero alla veglia di preghiera per i 18 marittimi. "Non si può perdere di vista che 18 vite umane non hanno prezzo - ha detto Mogavero - qualunque soluzione, anche basata su un onorevole compromesso, deve essere ricercata, bruciando i tempi, divenuti ormai troppo lunghi e gravosi per tutti: per i prigionieri e per chi ne attende la desiderata liberazione". Nella parrocchia San Lorenzo di Mazara piena di familiari e fedeli, Mogavero ha detto che il solo sforzo del governo "non basta". Ai familiari «le sole parole di conforto non bastano e la stessa vicinanza dimostrata a loro in più modi e in più circostanze hanno un significativo valore simbolico, ma non alleggeriscono la pesantezza della loro pena e non risanano le ferite del cuore". Alla veglia ha partecipato anche l'Imam della moschea cittadina, Ahmed Tharwa. Tra i marittimi sequestrati ci sono anche 6 tunisini e 2 senegalesi. "Siamo in un momento di angoscia - ha detto l'Imam - siamo tutti una famiglia e preghiamo per l'unico Dio per la liberazione dei nostri fratelli".

Centomila euro per le famiglie dei diciotto marittimi di Mazara del Vallo - E’ quanto prevede un emendamento del governo Musumeci depositato in Commissione bilancio dell’Ars, a firma degli assessori all'Economia Gaetano Armao e alla Pesca mediterranea Edy Bandiera e che sarà inserito nella prima legge all’esame del Parlamento siciliano. “Tutto - sottolinea il presidente della Regione Siciliana Nello Musumeci - sembra ancora inspiegabilmente fermo nonostante si parli di trattative avviate da Roma per risolvere questa vicenda che, giorno dopo giorno, accresce angoscia e rabbia. Diciotto uomini sono da oltre cinquanta giorni sotto chiave per un atto di pirateria e le loro famiglie, oltre al dramma che stanno vivendo, cominciano inevitabilmente a patire grossi disagi dal punto di vista economico. Sentiamo, pertanto, il dovere morale di offrire loro un sostegno in attesa che il governo centrale giunga ad una soluzione. Ma questa trattativa non può avere tempi infiniti e rinnoviamo con forza l’appello al premier Conte e al ministro degli Esteri Di Maio, affinchè si arrivi a una soluzione che riconsegni i nostri pescatori ai loro affetti e alla loro attività quotidiana”.

L'intervento di Confsal Pesca - “Di Maio non ha perso occasione, anche tramite l’intervista delle Iene, di non ammettere che ci sia qualcosa da rivedere se la Vi.Pe, la vigilanza pesca della Marina Militare che ha il compito di assicurare il libero esercizio dell’attività di pesca dei pescherecci nazionali in acque internazionali, era assente al momento del sequestro dei nostri pescatori in Libia”. E’ quanto afferma la Confsal Pesca, il sindacato dei lavoratori del settore ittico, con Bruno Mariani. “Fin dal primo giorno seguiamo con attenzione l’evolversi degli eventi con non poca preoccupazione e manteniamo vivo l’interesse prioritario di proteggere e riportare a casa i nostri pescatori, interesse esclusivo che dovrebbe riguardare anche il Ministro degli Esteri Di Maio che, come nel caso del recente servizio de ‘Le Iene’, valutiamo confuso nell’additare i nostri pescatori colpevoli di aver superati i limiti di pesca internazionali previsti”. “Esageriamo – continua Bruno Mariani - se chiedessimo aiuto all’Europa, alla Francia con Macron per imporre ad Haftar la restituzione dei diciotto pescatori ingiustamente sequestrati e detenuti da ormai troppo tempo in Libia? Abbiamo a cuore le sorti dei nostri connazionali insieme a quelle delle loro famiglie, anche per questo motivo siamo contenti di aver appreso dal Presidente della Regione Sicilia un riscontro a quello che avevamo proposto, ovvero un sussidio temporaneo che aiutasse quelle famiglie monoreddito con gravi difficoltà economiche che dopo il sequestro del loro cari non hanno più tratto profitto dalle uscite dei pescherecci. Oggi spiega – il segretario generale della Confsal Pesca Mariani – grazie ad un emendamento alla legge di bilancio di quel governo regionale, è stato previsto un contributo straordinario di centomila euro per le famiglie dei marittimi. Adesso, urge riportare in Italia, prima possibile, i nostri pescatori. E, permetteteci - conclude la Confsal Pesca – in qualsiasi modo possibile”.