È morto Maradona. Aveva compiuto sessant’anni lo scorso 30 ottobre. A inizio mese era stato operato al cervello.
Diego Armando Maradona (1960-2020). Detto il Pibe de Oro. È stato forse il più grande calciatore di tutti i tempi (il dubbio è fra lui e Pelè, anche se qualcuno preferisce a entrambi Di Stefano). Con l’Argentina ha vinto i Mondiali di calcio del 1986 in Messico: nei quarti di finale contro l’Inghilterra, in una partita resa ancora più nervosa dal ricordo della recente guerra delle Falkland, fece un gol di mano (dopo aver a lungo negato l’evidenza, disse che era stata «la mano de Dios») e, dopo un’azione personale iniziata dalla propria metà campo, realizzò uno dei gol più belli e più famosi della storia del calcio.
Dopo aver giocato nell’Argentinos Juniors e nel Boca Juniors, si trasferì in Europa, al Barcellona, squadra con la quale non ottenne però grandi successi. Trionfale l’accoglienza che gli fu invece riservata dai tifosi del Napoli all’arrivo in Italia (1984), accoglienza ripagata con la conquista del primo scudetto partenopeo (1986-87 davanti alla Juventus, bis nell’89-90 davanti al Milan) e della prima (e finora unica) coppa europea, la Coppa Uefa del 1988-89 (in finale battuto lo Stoccarda). Con la maglia dell’Argentina ha affrontato tre volte l’Italia in incontri validi per la fase finale di un Mondiale: nel 1982, in Spagna, si imposero per 2-1 gli azzurri poi campioni del mondo (memorabile la marcatura che gli riservò Claudio Gentile); nell’86 finì 1-1, i biancocelesti, poi campioni del mondo, pareggiarono grazie a lui (complici Giovanni Galli e Gaetano Scirea) il vantaggio azzurro di Alessandro Altobelli; nel 1990, semifinale del campionato del mondo disputato in Italia, si imposero ai rigori gli argentini (1-1 dopo i supplementari, reti di Salvatore Schillaci e Claudio Caniggia): l’incontro fu disputato a Napoli, leggenda (smentita dai fatti) vuole che i tifosi locali, innamorati di Maradona e da lui aizzati alla vigilia della partita, tifassero contro l’Italia. Nel 1991 dovette lasciare il nostro Paese perché positivo a un controllo antidoping. Ma seppe riprendersi fino a partecipare alla fase finale dei mondiali del 1994: dopo un gran gol contro la Grecia, fu trovato nuovamente positivo a un controllo antidoping ed escluso dalla competizione. Conclusa ufficialmente la carriera da calciatore nelle file del Boca Juniors il 25 ottobre 1997 (dopo essere passato per il Siviglia e per il Newell’s Old Boys), una volta ristabilitosi ha tentato senza successo di reinventarsi allenatore, guidando dapprima la Nazionale argentina, collassata dopo quattro reti («dure come quattro pugni di Alì») segnate dalla Germania ai quarti di finale dei Mondiali sudafricani del 2010, per finire poi negli Emirati Arabi e in Messico e, da ultimo, in Argentina al Gimnasia La Plata.
A inizio novembre era stato operato al cervello per rimuovere un ematoma subdurale, un tipo di emorragia cerebrale, in una clinica della città argentina di La Plata, dove allenava dall’anno scorso. L’operazione era riuscita e Maradona era stato lasciato tornare nella sua casa di Tigre, in Argentina, per trascorrere la convalescenza. A dare la notizia della morte ieri è stato il giornale argentino El Clarin, secondo cui avrebbe avuto un arresto cardiorespiratorio. La morte è stata confermata dall’agente Matias Morla alla televisione spagnola Rtve.