La Prima sezione della Corte di Cassazione ha confermato il verdetto della Corte d'Appello di Palermo condannando all'ergastolo Vincenzo Virga e assolvendo Vito Mazzara nel processo per l'omicidio del giornalista Mauro Rostagno, avvevuto a Lenzi, Valderice, la sera del 26 settembre 1988.
Una sentenza, dunque, che ci racconta di una verità a metà. Da un lato, che a volere la morte di Rostagno fu la mafia, con l'esponente di Cosa nostra trapanese che ha voluto quel delitto e per il quale, viene condannato definitivamente. Dall'altro, con l'assoluzione di Mazzara, rimane, a 32 anni dall'omicidio del sociologo e fondatore della comunità Saman, il mistero su chi abbia premuto sul grilletto quella sera di fine settembre.
La Cassazione ha accolto solo in parte la richiesta del procuratore generale Gianluigi Pratola che aveva chiesto il rigetto del ricorso presentato dai difensori di Vincenzo Virga e la conferma della condanna all'ergastolo ed ancora l'annullamento dell'assoluzione e rinvio alla corte d'Appello per Vito Mazzara. Ma vediamo qui di seguito alcune reazioni e i commenti a caldo dopo la decisione dei giudici della Cassazione:
I difensori dell'imputato Mazzara, Salvatore e Vito Galluffo: "Mazzara non ha ucciso Mauro Rostagno. La sentenza di assoluzione della Corte di Assise di Palermo, che ha ribaltato la precedente condanna all’ergastolo, e’ stata definitivamente confermata dalla Prima sezione della Corte di Cassazione. La nostra tesi difensiva è stata definitivamente accolta".
"Ci riteniamo soddisfatti perché è stata confermata la sentenza di ergastolo per Vincenzo Virga, ma non possiamo certo essere contenti che non è stato accolto il ricorso per Vito Mazzara - dice all'Adnkronos il magistrato Nico Gozzo, che aveva rappresentato l'accusa nel processo d'appello - Ma la cosa importante è che l'associazione mafiosa è stata riconosciuta responsabile dell'omicidio tramite Vincenzo Virga".
"E' importante che sia stato confermato il contesto mafioso dell’omicidio ma è un peccato che resti un vuoto sugli esecutori materiali del delitto" dice l’avvocato Fausto Maria Amato, legale di Elisabetta Roveri e Maddalena Rostagno, compagna e figlia di Mauro Rostagno.
Carla Rostagno, sorella di Mauro - "Provo molta amarezza per questa sentenza di assoluzione per Vito Mazzara. Ma anche perché abbiamo dovuto aspettare 32 anni dall'omicidio di mio fratello per avere una sentenza definitiva. Sì, sono davvero amareggiata per come sono andate le cose. Si è perso del tempo prezioso, e il tempo che si perde è sempre a vantaggio degli assassini. Per cui sono spariti dei reperti, sono state cancellate delle intercettazioni telefoniche, ci sono stati moltissimi depistaggi e una mancanza di attenzione che potevano servire adesso con le analisi". La sorella di Rostagno è convinta che dietro l'omicidio di Mauro Rostagno non ci fosse solo la mafia. Carla Rostagno dice di sentirsi come se "fossi sulle montagne russe", "dopo tutti questi anni". "E' stato pesantissimo - spiega - prima avere dovuto aspettare 20 anni per il primo processo". Si emoziona quando parla del fratello: "Per me Mauro era una persona illuminata. Riusciva a vedere al di là delle cose. Se oggi fosse vivo continuerebbe le sue battaglie. Sono molto orgogliosa di avere avuto un fratello come lui..."
La figlia di Rostagno - "Provo amarezza, sì, per questa sentenza della Cassazione. Perché per l'omicidio di mio padre c'è un mandante, ma non c'è un esecutore materiale. Non c'è il nome del killer che ha sparato". Non solo. "Per anni e anni ci sono stati depistaggi, ricordo che nel processo di primo grado sono venute fuori cose davvero imbarazzanti di cui non ero mai venuta a conoscenza". Maddalena Rostagno ha atteso per anni questo momento. La parola fine sul processo per l'omicidio del padre. Ma si dice "amareggiata". "Vuole sapere come mi sento? - dice in una intervista all'Adnkronos - c'è un po' di amarezza. C'è un uomo che viene assassinato, mi arrestano la madre, dicono che sono stati 4 tossicodipendenti della comunità, mandando anche un messaggio che essere tossici significa anche essere assassini. Che mio padre per una roba del genere sarebbe risorto, contrario alla sua filosofia di vita. Poi c'è stato un colpo di fortuna, con la Squadra mobile di Trapani, per cui è stata fatta una comparazione di proiettili ed è emerso il nome di Vito Mazzara".
Per i giudici di primo grado a impugnare il fucile, spezzato dalle esplosioni, sarebbe stato Vito Mazzara, capomafia di Valderice. Sembravano portare a lui e a un suo parente biologico non identificato le tracce di Dna ritrovate nell'arma, ecco perché gli era stato inflitto all'ergastolo. La condanna si aggiungeva a un altro ergastolo per l'uccisione nel 1995 dell'agente di custodia Giuseppe Montalto. Ma in appello, la corte d'Assise d'Appello, dopo aver acquisito un manuale dei criteri di interpretazione delle tracce di Dna, ha optato per l'assoluzione ribaltando il giudizio di primo grado. Sentenza confermata dalla Cassazione.
I depistaggi ricordati dalla figlia - "22 anni di depistaggi, in primo grado sono venute fuori cose imbarazzanti. Molte cose le sapevo, alcune cose non le avevo mai pensate. Io non faccio l'avvocato né la giornalista, ho iniziato a leggere libri di mafia solo dopo l'omicidio per celebrare il mio dolore". E ricorda: "Il primo depistaggio fu quello di spostare il corpo di Mauro. I carabinieri fecero spostare il corpo di mio padre. Già durante il processo di primo grado si scoprì che quello l'uomo che aveva chiamato, il signore che viveva in una casa vicino alla curva, è stato sentito solo dopo 25 anni". Al momento una decina di persone è al processo a Trapani per falsa testimonianza.
«Sono passati 32 anni, due mesi e un giorno, ma alla fine Mauro ha ottenuto giustizia — commenta Chicca Roveri, moglie di Rostagno e madre di Maddalena —. A ucciderlo è stata la mafia, la stessa che ancora comanda. Ma quanta fatica e quanto dolore per arrivare a una verità da subito evidente. Alla domanda se credo nella giustizia, che si solito si pone ai familiari delle vittime, preferisco rispondere citando Dante: “E qui chinò la fronte e più non disse, e rimase turbato”».