Una città senza pace, Calatafimi Segesta, che non riesce ad avere una guida.
Con le sue dimissioni, Antonino Accardo è il secondo sindaco di fila che molla la fascia di primo cittadino per vicende giudiziarie che lo coinvolgono. E tutti gli ultimi sindaci di Calatafimi sono in qualche modo coinvolti in inchieste giudiziarie. I voti comprati da Accardo, l’abuso d’ufficio per cui è imputato Sciortino, la mazzetta di Ferrara. Tre sindaci in 8 anni, e tanti guai giudiziari.
Le dimissioni di Accardo, i voti comprati
Quanto venuto fuori dall’inchiesta antimafia Ruina, che ha portato all’arresto di 13 persone, porta certamente a considerare le elezioni del 2019 fortemente condizionate da una rilevante compravendita di voti. Antonino Accardo, sindaco eletto con 1900 preferenze, è tra gli indagati dell'operazione antimafia. Avrebbe comprato voti con l’aiuto della mafia per ottenere la fascia tricolore. Qualche giorno fa il sindaco si è dimesso. Troppo pesanti le accuse, e pesanti i fatti che emergono dalle carte.
Insegnante in pensione, Accardo è indagato per corruzione elettorale, con l'aggravante mafiosa, perchè, secondo l'accusa, avrebbe comprato voti dalla cosca locale. Contro Accardo ci sono alcune intercettazioni, in una delle quali si parli di voti in cambio di soldi, 50 euro a voto. Per lui anche l'accusa di tentata estorsione. “Le indagini svolte nel presente procedimento hanno poi consentito di accertare in modo incontrovertibile che, in effetti, molti dei voti espressi in favore del Sindaco Antonino Accardo sono stati comprati attraverso la corresponsione di denaro agli elettori e ciò, per quanto allo stato emerso nelle investigazioni, in conformità alla volontà di Cosa nostra” è quanto si legge nelle carte dell’indagine.
C’è un testimone, al centro delle vicende sulla compravendita dei voti, le cui dichiarazioni mettono nei guai l’ormai ex sindaco di Calatafimi Segesta. Qualche giorno fa abbiamo raccontato, nel dettaglio, in questo articolo, quello che è stato scoperto dalla Squadra Mobile a proposito dei voti comprati a Calatafimi durante le ultime elezioni. Antonino Accardo sempre da quanto emerge dall’indagine avrebbe avuto, da anni, rapporti con esponenti del clan mafioso locale anche nella vicenda della tentata estorsione all’enologo marsalese Urso.
L’inchiesta sui parcheggi e Vito Sciortino
Eppure Accardo doveva ridare stabilità all’amministrazione di Calatafimi che veniva da anni molto travagliati. Prima di Accardo a guidare la cittadina di Segesta era stato il sindaco Vito Sciortino, non senza difficoltà. Nel corso della sua amministrazione il consiglio comunale era stato commissariato, lui e la sua giunta erano stati dichiarati decaduti per la mancata approvazione del bilancio da parte del consiglio comunale. Ci volle una sentenza del Tar per reintegrare il sindaco che ha poi nominato una nuova giunta.
Ma Sciortino oggi è coinvolto in un’altra vicenda giudiziaria, quella scaturita dall’operazione Phimes sul caso dei parcheggi ai piedi del parco archeologico.
Un'indagine sul “far west” dei parcheggi ai piedi dell'area archeologica, condotta dai Carabinieri, che ha portato agli arresti, un anno fa, dell’imprenditore Francesco Isca e del vice capo della polizia municipale di Calatafimi, Salvatore Caprarotta, entrambi ancora ai domiciliari. Coinvolto nell’indagine anche l’ex sindaco di Calatafimi Vito Sciortino e l'ex comandante della polizia municipale Giorgio Collura. Con loro, imputati nel processo anche i vigili urbani Vito e Leonardo Accardo, e anche Giuseppe Ferrara e Giusi Maria Craparotta. L’indagine, partita quasi un anno fa, è arrivata adesso in tribunale, con otto rinviati a giudizio, tra cui l’ex sindaco Sciortino accusato di abuso d’ufficio perché senza averne titolo (in quanto l’area archeologica, prima di diventare Ente Autonomo, dipendeva direttamente dal Dipartimento dei Beni Culturali della Regione Sicilia), avrebbe imposto alla direzione del parco archeologico di Segesta, mediante l’adozione di un atto a sua firma - informale e privo di protocollo –di non far parcheggiare veicoli al suo interno, in tal modo favorendo l’attività di parcheggio di Isca.
Nicolò Ferrara, la tangente e il danno d’immagine
Ma prima ancora di Accardo, prima ancora di Sciortino, il piccolo comune di Calatafimi Segesta era rimasto scosso dall’inchiesta che portò all’arresto del sindaco Nicolò Ferrara. Mentre era sindaco, nel 2014, Ferrara venne arrestato mentre intascava una tangente di tremila euro per favorire un imprenditore nell'acquisto di alcuni mezzi che il Comune aveva messo in vendita all'asta. Nel 2015 Ferrara patteggiò una condanna ad un anno e otto mesi davanti al gip di Trapani, condanna divenuta poi definitiva. L'arresto di Ferrara fece scalpore, perchè ritenuto un sindaco "antimafia". Non risparmiava, infatti, una passerella in occasione di eventi per la legalità. Era anche presidente del Consorzio Trapanese per la Legalità e lo Sviluppo.
Successivamente la Corte dei Conti ha condannato l’ex sindaco Ferrara a pagare 20 mila euro al Comune per il danno di immagine causato dalla sua condotta.
I giudici della sezione giurisdizionale della Corte dei Conti, infatti, lo hanno ritenuto responsabile del danno d'immagine subito dal Comune. "L'operato del sindaco - scrivono i giudici - ha determinato un vulnus alla considerazione che i cittadini amministrati rispondono sull'operato dei propri rappresentanti con inevitabili ripercussioni sul senso di appartenenza alle istituzioni e sull'efficienza e sull'efficacia dell'azione amministrativa".
Adesso un’altra vicenda non proprio edificante per il Comune che ospita l’area archeologica di Segesta, tra le meraviglie siciliane più apprezzate. Una meraviglia incastonata in un Comune che non in questi anni sta passando dei brutti guai con i suoi amministratori.