Sentire le donne dem affermare che perfino Berlusconi ha fatto meglio di Zingaretti ha un suono strano. Il Pd sceglie le correnti, pensa di accontentare tutti ma scontenta il vero motore di un partito che ha perso la bussola e che ha messo da parte, tra le altre cose, Peppe Provenzano, ex Ministro per il Sud e la Coesione territoriale.
Non ci sono donne indicate dal Pd, ed è stucchevole perché basti pensare come in Sicilia ci sia una giunta regionale formata da 12 uomini per rabbrividire, tanto da avere fatto depositare un ricorso al Tar dagli stessi parlamentari dem. Una contraddizione in termini che descrive un partito che non ha una voce unanime, nemmeno gli obiettivi se è per questo, ma correnti che viaggiano a velocità diverse. C’è imbarazzo tra le donne del Pd siciliano, hanno fatto le crociate contro Musumeci, hanno chiesto incontri e rispetto del genere in politica, che non è una quota ma un valore aggiunto. A distanza di poche settimane la parte virile dei dem mette in un angolo proprio le donne, di loro non c’è bisogno.
Il rispetto della parità di genere non si può chiedere ad altri se al proprio interno non esiste nemmeno, così come i territori spesso vengono spremuti fino all’osso e poi non presi in considerazione nelle scelte nazionali. In tempo di campagna elettorale ci si affida ai circoli, si chiede il massimo, poi dall’alto cade ogni decisione. Alzano la testa in tanti oggi, da Trapani la voce ha un tono di rabbia e perentorio, c’è chi come Ninni Passalacqua ha deciso di lasciare il direttivo della città perché nessun ministro è stato indicato dalla Sicilia, un governo a trazione nordista, un governo che ha rimosso un Ministro come Peppe Provenzano, che tanto aveva fatto avendo portato il tema “Sicilia” attuale e sotto i riflettori.
Il Pd dovrebbe avere uno scatto d’orgoglio e anche di ringiovanimento delle idee: basta con le correnti che hanno dilaniato un partito e portato alle postazioni che contano i soliti volti noti, abbiano il coraggio di candidare Provenzano a presidente delle regione nel 2022, è l’unico volto che può contrastare l’alleanza del centrodestra.
C’è di più, quello che accade dentro al Pd è un pò quello che accade, sotto traccia, dentro altri partiti: i ruoli apicali e di importanza vengono garantiti ai soliti volti, nessuna capacità di rinnovamento.
Se poi vogliamo guardare alla provincia di Trapani nessuno si occupa di questo lembo di terra, che è destinato a rimanere l’ultimo tra gli ultimi, un territorio non rappresentato, che viene saccheggiato da chi decide di candidarsi, poi dimenticato e gettato via come un fazzoletto sporco.
Il governo Draghi è la plastica rappresentazione di quello che tutti ci aspettavamo: un compromesso tra politica e competenza, dove i partiti non possono scomparire ma esercitare un ruolo da vendersi in campagna elettorale, un governo dove due, tre cose devono essere necessariamente fatte, il premier Draghi non accetterà di essere mandato a casa come accaduto a Giuseppe Conte.
L’Italia sta attraversando una crisi economica fortissima, Walter Ricciardi sta invocando un nuovo lockdown (il nostro Paese è l’unico in Europa a non esserlo) visto la variante inglese e la sua forte diffusione: nessuno ascolta chi ha competenza, si lascia che la politica sacrifichi la salute pubblica di fronte all’economia, perché si tratta di una politica mediocre, non coraggiosa e non all’altezza dei ruoli e dei compiti.
Chi sta scommettendo in un grande cambiamento con Draghi dovrà necessariamente abbassare l’asticella delle aspettative, a cominciare dalla nomina dei vice ministri e dei sottosegretari.