Una ritrovata centralità della famiglia mafiosa di Castellammare nelle attività di Cosa nostra, il coinvolgimento della politica, lo stretto legame con la consorteria americana di New York, che ha gran parte delle sue radici proprio in personaggi della città del Golfo, e non ultimo il forte legame con il boss di Castelvetrano, Matteo Messina Denaro.
Ha messo in luce tutto questo l’operazione antimafia “Cutrara” che, all’alba del 16 giugno 2020 ha smantellato la famiglia mafiosa castellammarese con 13 arresti e 11 denunce.
L’indagine arriva oggi ad una nuova udienza preliminare davanti il Gup di Palermo in cui dovrebbe sciogliersi il nodo sui rinvii a giudizio degli indagati e la costituzione delle parti civili.
L'indagine che ha visto coinvolti anche il boss del mandamento di Trapani, Francesco Virga, già arrestato con l’operazione Scrigno, ma anche l'ex presidente del consiglio comunale di Trapani, Francesco Di Bono, vede tra gli indagati anche il primo cittadino di Castellammare Nicolò Rizzo, accusato di favoreggiamento aggravato a cosa nostra.
Il Comune di Castellammare del Golfo ha chiesto di costituirsi parte civile. Lo stesso primo cittadino conferma che la costituzione di parte civile è un atto dovuto, visto che c'è un regolamento chiaro per cui l'amministrazione comunale deve costituirsi parte civile, e Rizzo lo ha ribadito anche in consiglio comunale.
Intanto, uno dei 21 indagati, Sebastiano Stabile, è deceduto nelle scorse settimane.
Questi i 21 indagati e le accuse - Francesco Ancona, 90 anni, Diego Angileri, 83 anni, Felice Buccellato, 79 anni, Vito Di Benedetto, 54 anni, Rosario Antonino Di Stefano, 51 anni, Lilla Di Bartolo, 50 anni, Nicola Di Bartolo, 42 anni, Francesco Di Bono, 56 anni, Francesco Foderà, 64 anni, Nicola Rizzo, di 39 anni, Salvatore Labita, 41 anni, Daniele La Sala, 40 anni, Camillo Domingo, 63 anni, Francesco Domingo, 64 anni, Salvatore Mercadante, 35 anni, e Gaspare Maurizio Mulè, 54 anni, Antonino Sabella di 63 anni, Francesco Stabile, 61 anni, Carlo Valenti, 42 anni e Francesco Virga, 50 anni. Le accuse a carico degli indagati, vanno dall'associazione di tipo mafioso, estorsione, furto, favoreggiamento, violazione della sorveglianza speciale e altro, tutti reati aggravati dal metodo mafioso.
L’accusa al sindaco Rizzo - Il sindaco Rizzo secondo gli inquirenti avrebbe aiutato il boss Francesco Domingo detto “Tempesta”, nonché Lilla Di Bartolo e Nicola Di Bartolo. Domingo era socio di fatto della società di questi ultimi due nella gestione della comunità alloggio "Madre Teresa". E Rizzo li avrebbe aiutati, secondo l'accusa, a trovare un nuovo immobile per continuare la loro attività e conseguirne i profitti illeciti, e inoltre perché Francesco Domingo, capo della famiglia mafiosa di Castellammare del Golfo, potesse controllare le attività economiche su quel territorio. Il sindaco si è sempre difeso dicendo di non aver favorito nessuno, che a Castellammare “ci conosciamo tutti”, e che non ci sono stati contatti volti ad agevolare qualcuno.
Gli altri indagati di spicco – Tra gli indagati dell'operazione antimafia "Cutrara" c’è l'ex vice presidente del Consiglio comunale di Castellammare del Golfo, Francesco Foderà, scoperto a rivolgersi al capo mafia locale dopo aver subito il furto di un suo mezzo agricolo, e all'avvocato trapanese Francesco Di Bono, ex presidente del consiglio comunale di Trapani, intercettato a discutere di vertenze da risolvere con il capo mafia di Trapani Francesco Virga che in carcere per l’operazione Scrigno ha ricevuto la notifica di questa nuova indagine.
La famiglia mafiosa di Castellammare - Le indagini hanno consentito di ricostruire l'attuale assetto e organigramma della famiglia mafiosa di Castellammare del Golfo. In particolare, al vertice vi è ancora l'ultimo capo storico, Francesco Domingo ed è composta da un nutrito numero di soggetti a sua disposizione, ha esercitato sul territorio di riferimento un controllo diretto e indiretto delle attività economiche, in particolare nel settore agricolo ed edilizio. Ciò attraverso una serie di estorsioni commesse mediante l'intimidazione mafiosa e finalizzate all'acquisizione dei lavori commissionati da privati; è stato accertato l'intervento mafioso sulla risoluzione delle questioni, economiche e non, fra privati, in totale sostituzione alle Istituzioni. Francesco Domingo, "ha una particolare inclinazione alla violenza, che ha sempre caratterizzato le sue condotte associative, tanto da avere egli ricevuto dagli allora vertici del sodalizio, nel corso della sua lunga militanza in Cosa nostra, in più occasioni il compito di organizzare gravi atti dinamitardi a scopo estorsivo e tanto da essere riuscito a dirigere e organizzare un'attività estorsiva capillare in danno di tutti gli imprenditori del territorio". "È proprio in ragione di tali caratteristiche e del pericolosissimo profilo criminale di Domingo che, all'atto della sua scarcerazione, è stata avviata l'attività investigativa nei suoi confronti, apparendo altamente verosimile che lo stesso Domingo, tornato in libertà, acquisisse nuovamente il controllo della famiglia mafiosa, che mai aveva tradito e dalla quale mai si era dissociato", scriveva il gip nella misura cautelare.