Il giudice monocratico di Trapani Massimo Corleo ha assolto dall’accusa di truffa aggravata il salemitano Paolo Genco, di 67 anni, presidente dell’Anfe, Aloisia Miceli, di 60, di Monreale, direttore amministrativo dell’ente di formazione, Rosario Di Francesco, mazarese, di 58, direttore della Logistica e delle Attrezzature, Paola Tiziana Monachella, di 52, responsabile dell'Anfe di Castelvetrano, e l’imprenditore Baldassare Di Giovanni, 63 anni, palermitano, titolare della “General Informatica Centro”.
L’inchiesta, condotta dalla Guardia di finanza di Trapani e coordinata dal tenente colonnello Ciarla, nel gennaio 2017 sfociò negli arresti domiciliari per Genco e Di Giovanni, che secondo l’accusa si erano resi protagonisti di una mega truffa, da 53 milioni di euro, sui fondi della formazione professionale, in parte utilizzati, secondo gli investigatori, per fini personali.
L’inchiesta fu denominata "Dirty training". Fu anche disposto il sequestro di 41 beni immobili per un valore di circa 2 milioni di euro. Secondo l’iniziale accusa, Genco, in accordo con Di Giovanni, titolare di due aziende, avrebbe rendicontato costi per beni e servizi mai effettivamente forniti.
“La notevole massa di danaro utilizzata per giustificare il pagamento delle fatture di acquisto fittizie - scrissero gli investigatori - tornava poi nella disponibilità di Paolo Genco che reinvestiva tali proventi nell'acquisto di numerosi immobili (molti dei quali sottoposti a sequestro), formalmente intestati in parte a una società immobiliare amministrata da Di Giovanni, e in parte a una dipendente dell'Anfe, anch'essa coinvolta nella frode. Alcuni di questi immobili venivano, inoltre locati per finalità formative allo stesso Anfe". Nella sua requisitoria, il pm aveva chiesto pene fino a 4 anni di carcere. Per il giudice, però, non è stata commessa alcuna truffa.
A difendere gli imputati sono stati gli avvocati Massimo Motisi, Cinzia Calafiore, Giovanni Di Benedetto, Nino Caleca, Luciano Fiore, Fausto Maria Amato e Ida Giganti. “Una battaglia infinita! – commenta Massimo Motisi - Anche se hanno fatto fallire la società, licenziare 600 persone e distrutto un uomo. E per questo come sempre nessuno pagherà nulla”.