«Dal primo gennaio al 28 febbraio di quest’anno sono morte 17 mila persone per il Covid. Di queste, circa il 55% non aveva fatto il vaccino. Vuol dire più di 9 mila cittadini. Se teniamo conto che il vaccino protegge al 90% dalla malattia grave, ricaviamo che in circa 8 mila potevano salvarsi se si fossero vaccinati».
Il ragionamento è di Sergio Abrignani e l’immunologo e membro del Comitato Tecnico Scientifico ne parla oggi in un’intervista rilasciata a Repubblica. «I non vaccinati che muoiono hanno prevalentemente più di 50 anni, e a gennaio e febbraio sono circa 130 al giorno. Cioè è come se quotidianamente fosse caduto un aereo. C’è in giro una specie di mantra secondo il quale l’obbligo sarebbe stato un fallimento. E invece da quando è entrato in vigore hanno aderito tra i 450 e i 500 mila over 50. Certo, potevano essere di più ma comunque abbiamo risparmiato 1.500 morti. Tutto sta nel vedere che valore attribuiamo alla vita umana», aggiunge Abrignani.
Secondo l’immunologo la ripresa dei contagi di questi giorni «è dovuta ai non vaccinati, sia adulti che bambini, che quando incontrano Omicron e le sue sottovarianti si infettano di sicuro. Poi contro l’infezione la copertura delle terze dosi è comunque del 65% e quella delle seconde scende addirittura al 40% a quattro mesi dalla somministrazione. Poi c’è stato un abbassamento della temperatura, che ha tenuto le persone al chiuso, soprattutto c’è stato un rilassamento mentale, giustamente, perché si pensa alla guerra». Infine, un’opinione sul decreto che toglierà le restrizioni e sulle mascherine: «I dati dicono che quando la circolazione è alta, e con 50-60 mila casi al giorno lo è anche se non siamo ai livelli esplosivi di gennaio, la mascherina al chiuso dovrebbe rimanere. La scienza dimostra che la Ffp2 protegge di più al chiuso. È quindi logico mantenerla».