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21/04/2022 06:00:00

Calcedonio Di Giovanni/1. La confisca dei beni, le imprese, le truffe con i finanziamenti pubblici

Qualche settimana fa la Corte di Cassazione ha messo la parola fine e confermato la confisca di beni per cento milioni di euro all'imprenditore di Monreale Calcedonio Di Giovanni. Il provvedimento ha confermato la decisione della Corte d’Appello di Palermo dello scorso anno che a sua volta lo aveva fatto con quella presa dai giudici del Tribunale di Trapani nel 2016. Da oggi su Tp24 ricostruiamo l’ascesa imprenditoriale, le imprese e tutte le vicende dell’imprenditore di Monreale, che da sempre ha avuto i suoi interessi divisi tra la provincia di Trapani e il palermitano.

Proprietario del Villaggio Kartibubbo - Tra le innumerevoli attività imprenditoriali di Di Giovanni c’è quella turistica con il villaggio di Kartibubbo, a Torretta Granitola, a Campobello di Mazara, struttura nella quale, secondo gli investigatori "risultano essere stati ospitati boss mafiosi del calibro del capo mandamento di Mazara del Vallo". Secondo gli inquirenti la fortuna imprenditoriale di Calcedonio Di Giovanni sarebbe stata «indissolubilmente intrecciata con i destini delle famiglie mafiose di Mazara del Vallo». Di Giovanni però non è mai stato affiliato alla mafia. L'ex impiegato statale, che negli anni ‘60 decise di lasciare il posto pubblico per iniziare a fare l’imprenditore, secondo l'accusa, è stato riciclatore del denaro di Cosa Nostra, in particolare quello di Vito Roberto Palazzolo (che secondo le indagini della Dia avrebbe investito proprio a Kartibubbo).

Il patrimonio confiscato - La confisca riguarda il patrimonio mobiliare, immobiliare e societario, per un valore stimato di oltre 100 milioni di euro, consistente in appartamenti, terreni, conti bancari e compendi aziendali tra cui il villaggio di Kartibubbo, comprendente 20 società operanti nel settore immobiliare e i relativi compendi aziendali, 547 unità immobiliari, 12 veicoli, 8 rapporti e depositi bancari, terreni e case in provincia di Trapani e Palermo e una serie di società, molte delle quali in liquidazione, tra questi la “Immobiliare Di Giovanni “la “Titano real estate limited”, la “Compagnia immobiliare del Titano”, Il “Cormorano”, la “Fimmco”, il “Campobello park corporation, “l’Immobiliare La Mantide”, “l’Associazione orchidea club, la “Selinunte country beach”, alcune quote del “Selene residence” di Campobello di Mazara, il “Parco di Cusa vita e vacanze”, la “Dentalhouse”, la “Numidia srl”. Il complesso immobiliare più grande è il villaggio vacanze Kartibubbo a Campobello di Mazara, un centinaio di costruzioni realizzate, secondo le indagini della DIA, con i soldi di Vito Roberto Palazzolo uno dei principali esperti nel riciclaggio internazionale dei soldi della mafia, trasferitosi in Sud Africa. Oggi in carcere in Italia.

 

 L’ascesa imprenditoriale, Kartibubbo e Vito Roberto Palazzolo – Per gli inquirenti della DIA, il villaggio turistico di Campobello di Mazara Kartibubbo è il collegamento di Di Giovanni con uno dei principali artefici del riciclaggio internazionale, il boss Vito Roberto Palazzolo. Il giovane Di Giovanni, parente di Calcedonio Bruno, killer al servizio del capomafia mazarese Mariano Agate, acquistò da Palazzolo l’enorme complesso edilizio, a destinazione turistica, in fase di realizzazione a Campobello. E’ il Residence Kartibubbo. e secondo gli inquirenti vi erano stati investiti i capitali che arrivavano dal traffico di droga, dal contrabbando di sigarette e altri affari illeciti di Cosa nostra. Era l’inchiesta del Pizza Connection. Nel corso degli anni diversi collaboratori di giustizia hanno riferito che Di Giovanni era legato a Cosa nostra, evidenziando i collegamenti con il commercialista Giuseppe Mandalari. Ed è il pentito Rosario Spatola a parlare di Di Giovanni come massone e uomo al servizio della mafia di Campobello di Mazara. Di Giovanni non ha mai subito una condanna per mafia sfiorato soltanto dal sospetto. Ha collezionato un bel po’ di condanne nel corso degli anni. Dagli assegni a vuoto, al furto di energia elettrica, alla truffa, a reati ambientali.

I finanziamenti pubblici - Per mettere su questo ingente patrimonio, Calcedonio Di Giovanni ha usufruito anche di finanziamenti pubblici: poco meno di 40 milioni di euro ottenuti in parte con i fondi della legge 488, per lo sviluppo dell’imprenditoria nel Sud Italia. Soldi confluiti nella sue aziende, occultati in altre società costituite all’estero, ma sempre destinati al villaggio turistico di Kartibubbo. 5 milioni e 230.000 euro sono andati alla Di Giovanni Immobiliare srl, 1.300.000 euro li ha incassati la Selinunte Country beach, 30 milioni la Helios di Saracino e Pisciotta.
Per ottenere le anticipazioni dei finanziamenti pubblici, utilizzava - sempre secondo l'accusa - fatture per operazioni inesistenti, una girandola di truffe dalle quali avrebbe ricavato più di 16 milioni di euro. Per evitare il sequestro e mantenere saldo in mano il potere, nel giugno 2014 avrebbe costituito in Inghilterra la Titano Real Estate limited, che si occupava di gestione di villaggi turistici, domicilio fiscale italiano Kartibubbo. Amministratore della società un mazarese che aveva aumentato il capitale, portandolo a 11 milioni di euro, versati dal socio Compagnia immobiliare del Titano, con sede a San Marino.

Le truffe  -  Come detto gli affari di Calcedonio Di Giovanni nel settore ricettivo turistico, sono legati a frodi con fondi pubblici e con la legge 488. Di Giovanni ha patteggiato una condanna. Nel 2007, assieme al figlio Alessio, viene messo agli arresti domiciliari, nell’ambito dell’Operazione Re Mida, su un vorticoso giro volto all’ottenimento di fondi pubblici per la costruzione di alberghi e strutture ricettive. Secondo gli inquirenti sarebbe stata messa in atto una maxi truffa da 30 milioni di euro ai danni dello Stato volta all’ottenimento di contributi pubblici per la costruzione sulla carta, o soltanto in parte, di strutture ricettive a Triscina. Il nome di Di Giovanni viene fuori anche nella vicenda della truffa con la 488 che ha visto coinvolti i petrosileni Antonino Bonomo e i figli Francesco e Giovanni, che sono stati condannati dalla Corte dei Conti a risarcire allo Stato circa 1,3 milioni di euro indebitamente ottenuti con la 488. E’ la storia dei fondi ottenuti per costruire una struttura ricettiva a Castellammare, ma poi “girati” per costruire un complesso turistico proprio a Kartibubbo. Ma esisteva già tutto, e la struttura era anche abusiva. Cosa c’entra Di Giovanni in questa storia? Una delle sue vecchie società, poi messa in liquidazione, “Il Cormorano srl”, e intestata alla moglie, era entrata nell’affare per la compravendita, secondo l’inchiesta, fittizia, di un immobile per giustificare il finanziamento pubblico.

CONTINUA...