Ha terminato ieri la sua visita a Roccamena. Nicola Morra, presidente della Commissione nazionale Antimafia, ha voluto conoscere il territorio in cui i Messina Denaro (il padre don Ciccio ed il figlio Matteo) hanno trascorso parte della loro latitanza. In questa città, nell’ottobre dell’anno scorso la DDA di Palermo aveva cercato il latitante di Castelvetrano, in un blitz in cui furono indagate diverse persone ritenute a lui riconducibili.
E’ la cittadina di Bartolomeo Cascio, capomafia vicino a Leoluca Bagarella. Conosciuta non soltanto per la mafia. Soprattutto se pensiamo a ciò che è successo recentemente, con l’arresto della moglie del maresciallo, per la gestione dello Sprar di Roccamena e il presidente del consiglio comunale (ed ex sindaco) indagato per istigazione alla corruzione (ne abbiamo scritto QUI e QUI).
Una cittadina, dove il presidente Morra è convinto si debba parlare pubblicamente di mafia, annunciando già la presentazione del libro “Matteo Messina Denaro, latitante di Stato” di Marco Bova. Il testo è stato presentato giovedì scorso a Palermo, insieme a “Lobby & Logge” di Luca Palamara e Alessandro Sallusti, ed ha visto Morra nelle vesti di moderatore. Gli abbiamo fatto due domande.
Senatore, cosa l’ha colpito di più in questa visita nel territorio di Roccamena?
Seppur da lontano, ho visto la diga Garcia, che ho voluto osservare perché in qualche modo è relativa al mondo di quegli appalti che furono oggetto dell’informativa “Caronte”.
Si tratta della diga realizzata dall’azienda Lodigiani, che era una delle imprese monitorate. Questo è l’entroterra siciliano dove è nata Cosa nostra, che però viene battuto poco dall’Antimafia, impegnata soprattutto nel grandi centri.
Perché presentare a Roccamena il libro di Marco Bova, sulla “latitanza di Stato” del boss di Castelvetrano?
Sono convinto che ragionare pubblicamente della latitanza di Matteo Messina Denaro, proprio a Roccamena, dove il boss ha spesso trovato rifugio, sia particolarmente significativo. Anche perché la forza della mafia risiede soprattutto nella debolezza di chi dovrebbe combatterla. Ed infatti, la tesi principale del libro è che, dati gli errori commessi nel tentativo di individuare il latitante numero uno, si può ragionevolmente ipotizzare che da parte dello Stato non ci sia la volontà di prenderlo.
Far capire che occorre denunciare e non favorire la latitanza, sarebbe già un buon risultato. Ho parlato anche col sindaco di Roccamena Giuseppe Palmeri, seppur telefonicamente, perché impegnato in un incontro in assessorato a Palermo. E’ stato subito favorevole ad una presentazione del testo nella sua città. Cosa che dovrebbe avvenire subito dopo l’apertura dell’anno scolastico, alla quale parteciperò volentieri.
Egidio Morici