Svuotata, sempre più povera, con tanti pensionati, e tanta gente che vive in aree a rischio.
E’ la Sicilia che va al voto. E’ un’isola con sempre più problemi, e ne avrà da fare il prossimo presidente della Regione.
Un’isola che si sta svuotando, che soffre l’emigrazione, soprattutto quella dei giovani. In dieci anni si è volatilizzata mezza provincia di Trapani.
Una regione con quasi un abitante su due che dichiara meno di 10 mila euro di reddito l’anno. E spesso sono i nonni, i pensionati a tirare la carretta, rappresentano il 35% dei redditi dei siciliani. In tutto ciò centinaia di migliaia di persone vivono in aree a rischio frane e in zone con un alto dissesto idrogeologico.
Un’isola che si svuota
I dati Istat non sbagliano. Nell’ultimo decennio la Sicilia ha perso 275.238 abitanti.
E’ come se Trapani, Marsala, Alcamo, Mazara, Castelvetrano, le città più popolose della provincia, si fossero volatilizzate.
Ci sono pochissime isole felici in cui il numero degli abitanti è aumentato. Alcune zone costiere e turistiche. San Vito Lo Capo, Favignana, e leggermente Petrosino, sono gli unici comuni in cui la popolazione residente è di poco aumentata. Poi c’è una continua emigrazione, un continuo abbandono della Sicilia.
Soprattutto giovani, per una regione in cui l’età media è sempre più alta. Dal 2011 il numero dei morti supera ogni anno quello dei nati e l’età media dei siciliani cresce da 42 a 44 anni. Un abitante su cinque ne ha più di 65. Ci sono comuni dell’entroterra siciliano che hanno perso oltre il 20% degli abitanti negli ultimi 10 anni.
Lavoro nero e povertà
Nel 2021 il 41% dei contribuenti residenti in Sicilia (oltre 1.131.000 persone) ha dichiarato un reddito inferiore ai 10.000 euro.
Un dato che suggerisce un alto tasso di lavoro nero, ma soprattutto di povertà e indigenza. Soltanto il 3% dei contribuenti ha un reddito superiore a 55 mila euro l’anno.
Ma la mappa dei redditi suggerisce anche un altro aspetto importante, quello della forte disuguaglianza tra le grandi città e le aree dell’entroterra. Nell’isola inoltre i redditi da pensione rappresentano il 36% del totale dei redditi da lavoro. Ciò nonostante i pensionati rappresentino una fetta di popolazione minore: 1.182.370 nel 2020 pari al 24% degli abitanti.
La vita in zone a rischio
Sono circa 320mila i siciliani che vivono in aree a rischio frane per quasi duemila chilometri quadrati di territorio (7% del totale della superficie regionale). Lo rivela il rapporto 2021 "Dissesto idrogeologico in Italia", presentato nei giorni scorsi dall'Ispra (Istituto Superiore per la Protezione e la Ricerca Ambientale), che fornisce il quadro di riferimento nazionale in ordine alla pericolosità associata a frane, alluvioni e all'erosione costiera dell'intero territorio italiano.
A evidenziarlo è Leandro Janni, presidente regionale Italia Nostra Sicilia: “La graduatoria provinciale isolana, valutando una stima della popolazione potenzialmente presente nelle aree a rischio, vede in cima Palermo, con più di 36mila persone coinvolte, e quindi Messina, con circa 17mila; ma anche la provincia di Caltanissetta risulta tra le più vulnerabili. Numeri che - aggiunge - posizionano l'Isola tra le regioni più fragili a livello nazionale, considerando che, proprio per le aree a livello di pericolosità più elevata, il numero di isolani è valutato tra i più alti d'Italia”.
Nel mirino dell'emergenza idrogeologica, sottolinea l'associazione, anche case, attività produttive e beni culturali. In Sicilia, secondo i dati dell'ISPRA, ci sono 102mila edifici, pari a circa il 5,9% del totale, e 22.472 imprese che risultano nelle aree a rischio. Tra questi ci sono anche circa un migliaio di beni culturali.
Con questi impietosi numeri la Sicilia domenica va al voto per eleggere il nuovo parlamento regionale e il presidente della Regione. Numeri che certificano la continua discesa a picco dell’Isola.