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06/11/2022 06:00:00

 Carlotta Rossignoli, la laurea in medicina e l’Italietta

 Dopo anni e anni in cui ce l'avete fatta a torroncino con la parola "eccellenza", che è sempre stata una foglia di fico, una paraculata, cui demandare il compito risarcitorio di coprire la vergogna sociale dilagante nel Paese, adesso, prima vi scandalizzate per la parola "merito", e davvero meritereste schiaffi, ma adesso state tutti addosso, con la bava alla bocca, alla laureata del San Raffaele, Carlotta Rossignoli, che ha compiuto a 23 anni il cursus in Medicina, laureandosi magna cum laude e menzione.

Sì, comprendo che con le sue sfilate, le sue dichiarazioni quasi inumane sulle perdite di tempo in cui consisterebbero i rapporti sociali, con i suoi abbigliamenti da modella e influencer, e la sua sfrontata esibizione di risultato, ha catalizzato l'odio di molti. Una coreuta dell’ellade, precipitata a Verona, in grado di sostituire il giavellotto con il tacco 12, che “eccelle in tutto”, ovvero “unni si metti sona”, come avrebbe detto mio nonno, che aveva solo le elementari e faceva il contadino, lavoro di cui vergognarsi, oggi, se non sei “eccellente”, ovvero se non sei il supercontadino slow, che nei campi, davvero, ci manda altri.

Ma, vorrei notare, cari odiatori, seriali e non, la dottoressa Carlotta Rossignoli non è la figlia perfetta del sistema dell'eccellenza? Non è questo malcelato equivoco che vuole il cantante degno di fama nel talent, senza nessuna gavetta e nessuna storia dietro? Che vorrebbe il tempo come un handicap, come una tara e non come una opportunità, un bagaglio? Avreste creato De Andrè in laboratorio? Eppure Faber si concedeva la pigrizia, l'amore sbagliato e la distanza.

Oggi, la violenza del mediocre, la mesotes che non si fa acrotes (chi non la capisce, dia un’occhiata ad Aristotele), colpisce duro la laureata, il medico che "non può avere fatto tutto in così poco tempo", che è stata “certamente spinta”, “ovviamente aiutata”, minimo minimo “raccomandata”… dopo anni in cui l'eccellenza è stata l'unica parola di una pedagogia capace solo di creare test invalsi e delegare agli strizzacervelli la gestione della differenza di crescita a scuola, declinata secondo il tempo, adesso, tardi, si scopre il valore politico, pedagogico, culturale, sociale, del tempo? Scusate, lo dico da quasi eccellente che al testi di medicina arrivò undicesimo, salvo poi scapparsene via, che cosa c’azzeccherebbero quelle domande con la perizia a diagnosticare e curare una peritonite? O con la capacità di auscultare un torace e percepirne un sibilo?

Scopriamo adesso l’eccellenza truffaldina del test multiplo? Un po' tardi, direi, visto che dopo la parola ariana per “eccellenza” – eccellenza, appunto – che dal ficodindia al gelato, passando per la Ferrari e la Cristoforetti, abbiamo declinato come fosse pizza e mandolino, un tanto al chilo, adesso abbiamo profilato un nuovo termine, merito. Che magari, dopo che “eccellenza” ha devastato il kairos e il suo fascino, il tempo non lineare, ma episodico e rituale, simbolico della vita di ognuno, devasterà lo spazio, che ne so. Chi merita bella stanza A e chi non merita nella stanza B, boh... Siamo bravi a normare tutto, power point e pedalare… Lo schemino, la sintesi. Quale analisi? Trenta parole, non di più.

La moda odierna è quella che ci fa eccitare per la palettina col voto, tutti giudici di X Factor, che non a caso solo nell'italietta pezzente ha i giudici, altrove ha i mentori (mizzica differenza), che nel giudicare gli altri ci fa respirare in un piano superiore, però senza sforzo. Così l'esperto di pallone "giudica" il ballerino che fa il giornalista, mentre la influencer castiga il canto, e il creatore di pizza, almeno lui, si scaglia col cuoco in erba che non dosa bene acidità e croccantezza. Ormai per trovare competenza, capacità e conoscenza bisogna andare al Ristorante!

Ecco perché, in questa festa di aquiloni, l'Italia delle palette alzate, ora, si ribella alla giovane modella, atleta, influencer, che ora è pure medico precoce. La stessa Italia che se ha il coccolone dona 500/1000€ agli stessi professoroni che decretarono la laurea in medicina al San Raffaele e che, non volendo più provare ad eccellere come supercontadini, preferisce il reddito di cittadinanza al lavoro.

 

Palette e odio, e eccellenza solo a misura della nostra mediocrità, in questa italietta: questo è il punto. Perché noi adoriamo l'eccellente della porta accanto, magari l'attore piacione che non parla benissimo, non ha studiato tantissimo, però che è beddu, riconoscibile, umano, toccabile, a portata di mano. Noi invece l'eccellenza antipatica, alla Leopardi, che traduceva da greco a latino senza vocabolario, a 20 anni, quella che non ha fidanzati per non perdere tempo a laurearsi prima, che non ha amici perché gli affetti tolgono tempo allo studio matto e disperatissimo, che non ha tempo “da perdere” perché la meta è tutto e tutti volano alla meta, noi quella non la esaltiamo, anzi la odiamo, la infanghiamo, e paletta alla mano, la giudichiamo. Come il cantante già bravo ad X Factor a cui il giudice stonato (non mentore, perché chi gliela spiega agli italiani nazionalpopolari la parola mentore?) dice “sei arrogante, non puoi stare qui”. “hai già un progetto (con la e apertissima, milanese) e questo qua dentro non porta a niente (con il dittongo sguaiato)”.

 

Ecco, noi amiamo la falsa modestia, chi non corregge l’ignorante impenitente che si arroga saperi e competenze che non ha, e dietro la presunta libertà dell’ “io penso” rifila una serie di fesserie senza fondamento... Noi amiamo la libertà fasulla di chi è convinto di poter dire che 6 per 7 fa 106, perché sarò libero o no di dire quel che mi pare… Come sa la libertà fosse arbitrio… Noi amiamo il profilo basso. Quelle che dormono tre ore a notte, e si laureano a 23 anni col tacco 12, noi, giudici di X Factor de nojartri, non le sopportiamo proprio. Magari, se domani decidessero “di affacciare un poco in televisione”, giusto il tempo di familiarizzarci un poco, allora, se ci confessassero i loro cazzi, su cui esprimere il nostro giudizio, magari, le vorremmo un po’ di peloso bene: deve diventare un po’ Doc e un po’ Dottoressa Giò, ed allora sarà una di noi, più a misura nostra, della nostra palettina e della nostra mediocrità che pretende l’eccellenza.

 

Povera Italia! 

Giacomo Bonagiuso