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11/12/2022 06:00:00

Tommaso Buscetta, il "boss dei due mondi" che svelò i segreti di Cosa nostra

Cinquant’anni fa l'Italia conosceva Tommaso Buscetta, il più importante pentito della storia di cosa nostra, colui che ha consentito di conoscere organigramma, metodi, nomi e cognomi di chi era parte della malavita organizzata siciliana, e che ha permesso l'istruttoria del maxi processo del 1986.

Il 3 dicembre del 1972, Buscetta sbarcò a Fiumicino con un volo proveniente da Rio De Janeiro, scortato da due poliziotti brasiliani. Il giorno dopo venne scortato a Palermo, all’Ucciardone. Dopo dodici anni “don Masino”, definito poi dai giornali come “il boss dei due mondi”, scese di nuovo quella scaletta estradato una seconda volta.

Con Tommaso Buscetta si viene a conoscenza della struttura della mafia - Parlò dei collegamenti di Cosa Nostra con la politica siciliana e nazionale, dei collegamenti internazionali, rivelò i nomi degli uomini delle cosche all’interno delle amministrazioni locali. E parlò degli omicidi: i motivi, chi li aveva decisi, chi erano stati gli esecutori materiali. Raccontò anche che cosa avvenne nel corso delle due guerre di mafia, quella del 1962 e quella tra il 1981 e il 1984, quando i corleonesi guidati da Totò Riina, non riuscendo a colpire lui, uccisero due suoi figli (scomparsi e mai più ritrovati), un fratello, un genero, un cognato, quattro nipoti e altri due parenti più lontani. In tutto vennero uccisi undici suoi familiari.

La storia “atipica” del mafioso Buscetta - E’ diventato mafioso, ma quella di Tommaso Buscetta è sicuramente una storia atipica perché non apparteneva infatti a una famiglia di mafiosi. Era ultimo di 17 figli e il padre era un artigiano che realizzava specchi ornamentali. Durante la Seconda guerra mondiale iniziò con fare piccoli furti, rubando cibo e altri generi di prima necessità da rivendere al mercato nero. La sua “punciuta” avvenne quando aveva 17 anni – l’anno prima si era sposato - con l’entrata nella famiglia mafiosa di Porta Nuova. Negli anni Cinquanta e Sessanta fu l’organizzatore del contrabbando internazionale di sigarette e del traffico di stupefacenti, girando il mondo con passaporti falsi e utilizzando 200 false identità.
I primi arresti e il processo interno per adulterio - Nel primo dopoguerra Buscetta venne arrestato due volte con l’accusa di contrabbando, la prima, fermato a bordo di un camion con un carico di sigarette, un’altra, in un albergo a Roma in compagnia di una donna che non era sua moglie. E per questo adulterio subì processo da parte della famiglia di appartenenza. Buscetta a quel punto si avvicinò ai Greco di Ciaculli, guidata da Michele Greco. Conosce i corleonesi Totò Riina e Bernardo Provenzano. Partecipa alla prima guerra di mafia, nel 1962, e si schiera dalla parte dei Greco e contro i La Barbera. Sfuggì ad un agguato nel centro di Palermo investendo i due killers.

Accusato di aver partecipato alla strage di Ciaculli – Buscetta fu accusato di aver partecipato alla strage di Ciaculli avvenuta il 30 giugno 1963. Un’autobomba doveva colpire Salvatore Greco, del clan La Barbera, ma qualcuno avvertì le forze dell’ordine. L’esplosione uccise quattro carabinieri, due militari dell’esercito e un sottufficiale di polizia. Buscetta ha sempre negato, ma fu tra i sospettati. Per questo lasciò l’Italia, andando prima in Svizzera, poi in Messico, poi in Canada e infine negli Stati Uniti. A New York, con l’aiuto dei boss Gambino, aprì una pizzeria. A New York dove era arrivato con Vera, la donna con cui aveva avuto una figlia, vive si porta anche la prima moglie Melchiorra con i quattro figli. Negli Stati Uniti Buscetta vive con due famiglie, e aprì altre pizzerie. Negli anni in cui vive a New York, viene condannato a Catanzaro, a dieci anni, per associazione a delinquere.

Il Brasile e l’arresto - Nel 1970 viene arrestato a New York e scarcerato dopo una cauzione di 75mila dollari. Se ne va in Brasile, lasciando la moglie e la fidanzata. Nel paese sudamericano incontra Maria Cristina de Almeida Guimaraes, figlia di un avvocato molto famoso a Rio de Janeiro. Qui organizzò un poderoso traffico di eroina e cocaina verso gli Stati Uniti. Lo arrestarono nel 1972 assieme a una banda di trafficanti italoamericani, italobrasiliani e corsi: fu trovato un di eroina per 25 miliardi di lire (più di 200 milioni di euro di oggi).

L'estradizione in Italia - Il 3 dicembre 1972 l’estradizione in Italia, la pena prima a Palermo e poi a Torino. In quegli anni, raccontò dopo aver iniziato a collaborare con la giustizia, fu avvicinato da un uomo di Francis Turatello, boss della malavita milanese, che gli chiese l’aiuto delle cosche palermitane per individuare la prigione di Aldo Moro, rapito dalle Brigate Rosse il 16 marzo 1978. Buscetta disse che furono poi i corleonesi a bloccare l’iniziativa.

La latitanza e il nuovo arresto - Nel 1980, con la semilibertà, divenne nuovamente latitante e tornò in Brasile dove si sottopose a un intervento di plastica al volto per rendersi irriconoscibile. Il 23 ottobre 1983 Buscetta venne arrestato dalla polizia brasiliana assieme alla moglie Cristina e ad alcuni complici. Il mandato d’arresto era legato ad alcuni omicidi compiuti in Brasile nell’ambito del traffico di stupefacenti. Sia l’Italia sia gli Stati Uniti chiesero l’estradizione. Nel 1984, a luglio, i giudici Giovanni Falcone e Vincenzo Geraci andarono a Brasilia per convincerlo a diventare collaboratore di giustizia. Buscetta quando stava per essere trasferito in Italia, ingerì della stricnina e l’estradizione venne sospesa per qualche giorno.

L’incontro con Giovanni Falcone e la sua prima dichiarazione - Il 17 luglio 1984 incontrò, nella sede della Criminalpol di Roma, il giudice Falcone: "Sono stato un mafioso e ho commesso degli errori per i quali sono pronto a pagare integralmente il mio debito con la Giustizia, senza pretendere sconti o abbuoni di qualsiasi tipo. Invece, nell’interesse della società, dei miei figli e dei giovani, intendo rivelare tutto quanto è a mia conoscenza su quel cancro che è la mafia, affinché le nuove generazioni possano vivere in modo più degno e umano". Dopo le dichiarazioni di Tommaso Buscetta vennero emessi 366 mandati di cattura nel corso di un’operazione denominata “San Michele”. Nel 1986 testimoniò al processo contro Cosa Nostra, il “Maxiprocesso”