Purtroppo quasi ogni giorno, attraverso i mass-media, nonostante l’attenzione posta sul problema della violenza sulle donne, insieme a tante notizie, apprendiamo spesso di uccisione di povere donne, per lo più da parte dei loro mariti e/o compagni, per ultimo quello recente di Castelvetrano.
Pertanto a nessuno può venire in mente di proporre di intestare a chi si macchia di questi delitti, via e/o piazze della città.
Eppure a Trapani è stato fatto. Infatti, sicuramente già prima del 1873, nella nostra città di Trapani esiste una strada situata nel centro storico la via SERISSO che ricorda appunto un marito che uccide per vendetta la moglie fedigrafa.
Storici del tempo: il trapanese padre Benigno da Santa Caterina, il novelliere salernitano Tommaso Guardati, nei loro scritti, più volte ripresi da diverse “libere” fonti di informazioni locali, ci presentano un emblematico personaggio, certo Felice SERISSO, ricco mercante, od anche capitano, vissuto a Trapani verso la fine del XV° secolo, passato alla storia come colui che, recatosi in Barbagia, uccise e decapitò la moglie fedigrafa che lo aveva abbondantemente cornificato con il servo turco con il quale era fuggita dalla città.
L’Offeso, finalmente vendicato ritornato a Trapani, appese la testa mozzata della povera moglie, a mo di monito per altre moglie, nell’arco della porta d’ingresso nella città che da allora prese il nome di porta SERISSO. Il fatto è ricordato da una targa muraria che in atto è collocata all’ingresso della storica via.
Ma chi era Felice SERISSO? Padre Benigno da Santa Caterina nel suo lavoro storico “Trapani sacra e profana“ così lo fa parlare:
Un tempu jeu Filici mi chiamava
Era Mircanti e prì lu Mari ajia
Tutti li Cristiani arriscattava
E Turchi ancora in Casa mia tinia
Ma lu destinu mi persequitava
E Schiavu mi ridussi in Barvaria
Schiavu di chidda chi gheu tantu amava
E prì junta di chiù mi chiama Elia.
Ma siamo sicuri che FELICE era il suo nome? Ora poiché prima della fine del XVII° secolo il nome FELICE non è presente nei
libri dei battezzati delle tre vecchie chiese di Trapani, san Lorenzo, san Nicola e san Pietro, possiamo dedurre che:
“un tempu jeu filici mi chiamava” potesse riferirsi al suo stato d’animo di ricco mercante che viveva “ felice” nella sua
casa con una moglie giovane e bella , amato e rispettato da tutti.
Ora, in questa possibile ipotesi rimane, cosa ancor più difficile, individuarne l’esatto nome ed a quale famiglia egli appartenesse.
Qui ci viene in aiuto Carmelo TRASSELLI, nel suo libro “Siciliani tra 400 e 500” nel riportarne la storia, forse per le stesse superiori considerazioni, avanza l’ipotesi che il vero nome del famoso mercante fosse SERISSO o, ancor meglio,
SER ISSO (felice e contento).
Si può pensare infatti che chi ha tramandato ai posteri la storia di questo infelice nostro concittadino, abbia inteso dargli del Ser, abbreviazione di MESSER, forma di rispetto usata nei riguardi di preminenti personaggi. Quanto poi al nome ISSO questo era già presente a Trapani sin dal XV° secolo, così come riporta lo storico avv. Mario SERRAINO nel suo libro “Trapani Invittissima e Fedelissima”, nella ricca famiglia RICCIO (RIZZO) il cui antenato, certo SERGIO ebbe come figlio un ISSO.
Nello stesso periodo del XV° secolo troviamo sempre il nome ISSO presente nell’altrettanta ricca famiglia dei SIERI imparentata con diversi matrimoni con la famiglia RICCIO.
Ed ancora troviamo il m.co ISSO SIERI quale testimone in diversi matrimoni di illustri personaggi trapanesi celebrati nella chiesa di san Nicola negli anni 1576 e 1578 ed in ultimo, in tempi più “recenti”, il matrimonio in san Lorenzo nel 1643 tra don ISSO RICCIO e donna Maria FARDELLA . possibili discendenti di questo famoso ma infelice capitano o mercante che fosse, artefice di un simile misfatto.
Ma forse è soltanto una leggenda e magari il nostro concittadino, qualunque fosse il suo nome e, se realmente esistito, era un uomo buono e generoso tale da essere ricordato ai posteri con la intitolazione di una via nel centro storico di Trapani
dove probabilmente è vissuto. Ed è con questa ultima considerazione che voglio augurarmi che non venga in mente a qualsivoglia organizzazione femminista di proporre la cancellazione di questo storico odonimo.
Rosario Salone Matera