C’è una rete di medici fidati, compiacenti, o Matteo Messina Denaro si è preso gioco del sistema sanitario?
Le indagini di queste settimane stanno cercando di dare una risposta, di ricostruire la rete di fiancheggiatori del boss negli ultimi anni di latitanza. Quelli, almeno, caratterizzati dalla malattia.
Gli investigatori hanno trovato dei documenti sanitari nel covo del boss, e da questi cercano di capire il percorso sanitario. Si stanno esaminando anche i numeri telefonici appuntati nei documenti, e le utenze telefoniche usate dal boss anche con i medici. L’ultimo a finire in carcere è il medico Alfonso Tumbarello, di Campobello di Mazara. Sia lui che il suo factotum Andrea Bonafede, cugino e omonimo del geometra che ha prestato l’identità al boss, sono stati interrogati ieri dal gip.
I due sono stati arrestati due giorni fa con le accuse, rispettivamente, di concorso esterno in associazione mafiosa e falso e favoreggiamento e procurata inosservanza della pena aggravati dall' aver favorito Cosa nostra.
Tumbarello, che in due anni ha seguito il capomafia nel percorso di cure del cancro di cui soffriva, prescrivendogli 137 tra ricette e analisi intestate al suo assistito Andrea Bonafede, ha sostenuto di non aver mai sospettato che il vero paziente fosse un altro e cioè Messina Denaro. Il medico ha raccontato di aver appreso che a Bonafede era stato diagnosticato il tumore e di essersi limitato, senza visitarlo, a prescrivergli terapie e accertamenti che poi gli avrebbe fatto avere tramite il cugino.
Ha anche affermato che il suo assistito aveva espresso il desiderio che non si sapesse della malattia, circostanza che ai suoi occhi spiegava certi suoi comportamenti, tra i quali il fatto che non andasse personalmente allo studio. Tumbarello ha però ammesso di aver fatto da tramite tra l'ex sindaco di Castelvetrano Vaccarino e il fratello di Messina Denaro, Salvatore, ne abbiamo parlato ieri su tp24.
Andrea Bonafede, invece, ha sostenuto di aver solo assecondato le richieste del cugino che diceva di essere gravemente ammalato e di aver fatto la spola tra lui e il medico per avere e consegnare i documenti sanitari necessari per le terapie.
Ma nell’ordinanza di arresto il gip Alfredo Montalto delina che “Matteo Messina Denaro abbia beneficiato di una fitta rete di soggetti (fra cui evidentemente spiccano sanitari e personale medico) che gli hanno permesso di curare la gravissima patologia tumorale di cui era affetto”. Il sospetto è che ci possano essere altri medici complici, prima di Tumbarello, il medico di base che ha permesso il primo intervento di rimozione del tumore, nel novembre 2020 all’ospedale di Mazara. Nella richiesta di custodia il procuratore capo Maurizio De Lucia e l’aggiunto Paolo Guido hanno scritto che Messina Denaro esibiva “tranquillità”. “Ora si prospetta la necessità di un’intensa attività investigativa diretta a ricostruire il tessuto relazionale di Messina Denaro per un periodo di un trentennio”.
Ma hanno creato molta indignazione le parole messe nero su bianco nell’ordinanza, sul “silenzio assordante di tutta la comunità di Campobello di Mazara.
“E’ un incubo. Sono amareggiato per il fatto che Messina Denaro abbia deciso di vivere qui. Apprendere che il medico sia coinvolto ha gettato nello sconforto, è come se mi fosse passato un treno sopra. Io non so più in giro con chi parlo e con chi sto parlando. I cittadini non sanno più con chi hanno a che fare. C’è totale smarrimento, non sappiamo se il nostro vicino di casa sia la persona che conoscevamo o un fiancheggiatore. Ma non siamo tutti collusi, non siamo omertosi”.
Lo dice il sindaco di Campobello di Mazara, Giuseppe Castiglione, rispondendo alle valutazioni fatte in questi giorni dal procuratore aggiunto di Palermo, Paolo Guido, nell’ordinanza di custodia cautelare del medico Alfonso Tumbarello, accusato di aver favorito, attraverso le sue prestazioni mediche, la latitanza di Messina Denaro.
Guido ha parlato di un “silenzio assordante” della comunità di Campobello di Mazara, cittadina in cui ha trascorso la latitanza, almeno gli ultimi due anni, il boss.
“Spero che si fermi qui questa rete di fiancheggiatori. Ma non si può generalizzare, parlare di una città collusa, questo non lo accetto, nè io nè tutte le persone oneste” aggiunge il sindaco annunciando l’organizzazione di un’altra manifestazione. “Bisogna mettere fine all’accostamento della parola mafia con Campobello. Sto male nel sentire questo accostamento, non lo sopporto più. Dobbiamo riprendere una vita normale. E le parole pesanti del procuratore offendono la comunità”, conclude il sindaco.