Informativa
Questo sito o gli strumenti terzi da questo utilizzati si avvalgono di cookie necessari al funzionamento ed utili alle finalità illustrate nella cookie policy.
Se vuoi saperne di più negare il consenso a tutti o ad alcuni cookie, consulta la cookie policy.
Chiudendo questo banner, scorrendo questa pagina, cliccando su un link o proseguendo la navigazione in altra maniera, acconsenti all'uso dei cookie. I cookie ci aiutano a fornire i nostri servizi.
Utilizzando tali servizi, accetti l'utilizzo dei cookie. Cookie Policy   -   Chiudi
13/02/2023 06:00:00

Marsala, il Congresso del PD e il suo problema atavico: le correnti 

 Cosa manca davvero al Partito Democratico per essere una forza trainante e, soprattutto attrattiva?
Nulla. Almeno apparentemente. Nella sostanza sono i dirigenti, evidentemente, manchevoli di qualcosa se ad oggi non riescono a esserne il perno centrale.

Ieri mattina a Marsala il circolo territoriale ha presentato le 4 mozioni nazionali del congresso, nell’ordine: Antonio Ferrante per Gianni Cuperlo, Domenico Venuti per Stefano Bonaccini, Paolo Pace per Paola De Micheli, Linda Licari per Elly Schlein.

Si tratta di 4 dirigenti siciliani giovani, che hanno le idee chiare sullo spaccato della politica, che sanno come intercettare il consenso, quali battaglie vanno fatte e il perché vadano fatte.

Poi però lo scollamento con la società, con gli attivisti, i simpatizzanti. Non riescono ad andare oltre quel perimetro di sinistra che li vuole lì ma potrebbero, e dovrebbero, essere accanto anche alla forze riformiste, per insieme costruire una alternativa ad una destra che è sempre più destra.

Oggi l’obiettivo è questo, dovrebbe essere comune a tutte le mozioni e a qualunque segretario nazionale dem verrà eletto. Il problema però è atavico, limitante: le correnti. Che non sono aree, sono guerre interne e continue prove di forza a discapito della classe dirigente tutta, dei territori.

Forse il Pd dovrebbe smetterla di non fare il Pd, dovrebbe fare meno moralismo e più partecipazione, meno finta apertura e più coinvolgimento per essere quella forza che era un tempo, senza settarismi.

Più semplicemente il Pd non va rifondato, magari un pit stop, magari una sana analisi e autocritica, avviata da sempre e terminata da mai. Perché adesso il problema non è solo quello di avere assessori, sindaci, ministri, deputati regionali e nazionali, qui il problema è di prospettiva del Paese, dei singoli territori. Di uscire fuori da qualunque ambiguità che produce caos, non linearità, di conseguenza si pone come forza respingente.

Reinventarsi fa parte dei processi politici, della necessità che hanno tutti i politici di rendere la posizione propria quanto più chiara e leggibile. Ritrovare l’entusiamo per trasmetterlo agli altri, è questo il segreto. Una forza politica è coinvolgente anche per quello che sa trasmettere, per le zuffe che riesce a non dare in pasto alla stampa, per quel centro che manca ai dem.