A Milano, proprio durante l’ultima kermesse di Forza Italia, l’azzurro Renato Schifani, presidente della Regione siciliana, uno dei più vicini consiglieri di Silvio Berlusconi, chiese uno spazio maggiore per i dirigenti siciliani in seno al partito.
Una rivendicazione legittima che affonda nei consensi che l’Isola riscuote in ogni campagna elettorale. Di fatto però oggi si fa i conti con un partito senza il suo fondatore, morto nemmeno 15 giorni fa e con una eredità pesante. Tuttavia al timone in questo momento resta Antonio Tajani, che non è solo il coordinatore nazionale ma pure il presidente pro tempore. Un uomo che più che un politico è un burocrate, ma dotato di moderazione e, pertanto, ago della bilancia.
Tajani ha subito messo un punto ad eventuali rivendicazioni, così nella organizzazione di un partito che deve tenere in mano non solo un quadro nazionale ma equilibri interni, di non facile convergenza, ha stoppato ogni personalismo e ha risposto a Schifani che ha parlato di un partito con dirigenti del Nord ma con i voti del Sud: “Tutti saranno coinvolti, il movimento deve essere unito. Non partiamo da zero: siamo tutti sostenitori di questo governo, ci sarà un ruolo per chiunque voglia lavorare”.
E chissà se Tajani intenderà recuperare anche Gianfranco Miccichè in questo quadro complessivo, le amministrative per i forzisti non sono state un buon banco di prova, la capacità di aggregazione di Miccichè non può essere messa in discussione. Può darsi che Tajani riesca a rimettere insieme posizioni che appaiono adesso equidistanti e soprattutto con fratture insanabili.
Ma i rapporti di Schifani con altri forzisti siciliani sono pure molto tesi, dalla nomina a commissario regionale del fido Marcello Caruso si prosegue a colpi di epurazione.
Via tutti quelli vicini a Gianfranco Miccichè, via dalla dirigenza, via dagli assessorati, rivendica spazio anche a Roberto Lagalla chiedendo di fuori i due più vicini alle posizioni dell’ex presidente dell’ARS, Rosi Pennino e Andrea Mineo.
Non si hanno più notizie in provincia di Trapani di Toni Scilla per esempio, e non va bene nemmeno con altri componenti azzurri, nello specifico con Marco Falcone, che fu uno dei primi sostenitori della linea Schifani contro Miccichè. Oggi rischia di essere depotenziato non solo sul catanese ma minato nell’azione di governo, il suo modo di lavorare non piace al governatore, che dopo l’estate potrebbe pure rimuoverlo.
Una, due o più Forza Italia, Tajani è chiaro: “Sono sempre stato contrario alle correnti, non credo ai personalismi ma alle persone e sono sicuro che tutti avranno qualcosa di importante da fare”.
E il caso Miccichè non va sottovaluto, specie adesso alla luce di quanto accadutogli. Di rientro dal funerale di Berlusconi la sua scorta ha scoperto un gps posizionato in auto, qualcuno lo stava pedinando, tracciandone gli spostamenti. Una vicenda che andrà chiarita nelle sedi opportune ma che, certamente, inquieta la politica siciliana tutta.