In corso il processo che davanti la Corte d’assise di Trapani lo vede imputato con l’accusa di avere ucciso nel 1998 il cognato Benedetto Ganci, il 70enne trapanese Adamo Antonio è stato, adesso, assolto dalla seconda sezione della Corte d’appello di Palermo dai reati detenzione di armi e stupefacenti “per non aver commesso il fatto”.
In primo grado, era stato condannato a 10 anni di reclusione. Per concorso negli stessi reati, è stata, invece, confermata la condanna (ad una pena meno severa) per il nipote Vincenzo Adamo.
Per armi e droga, Adamo era stato raggiunto da una ordinanza di custodia cautelare emessa dal gip di Trapani il 20 dicembre 2021, per fatti accertati tre giorni prima, al momento dell’esecuzione della prima ordinanza di carcerazione per omicidio.
A difendere Antonio Adamo è l’avvocato Piero Marino, del foro di Marsala, che così commenta l’assoluzione: “Ritengo che la decisione della Corte di appello di Palermo, oltre a fare chiarezza definitiva sui fatti contestati, consenta di ridare dignità al mio assistito. I fatti per cui Adamo è stato assolto hanno rappresentato, in questi anni, una pesante etichetta di soggetto pericoloso, come a dimostrare la sua capacità criminale, anche con riguardo al processo che attualmente lo vede imputato del delitto di omicidio. Continueremo a lavorare senza sosta per provare anche in quella sede la completa estraneità del signor Adamo Antonio da ogni contesto criminale”. Adamo venne arrestato dai carabinieri il 17 dicembre 2021 con l'accusa di essere l’autore dell'omicidio del cognato, Benedetto Ganci, ucciso la sera del 5 novembre 1998, nelle campagne di Fulgatore. Il caso, per oltre vent’anni, era rimasto irrisolto. Le indagini furono riaperte dopo 22 anni grazie a una delle figlie della vittima, che nell'agosto 2020 si rivolse ai carabinieri di Salemi raccontando di avere dei sospetti sul presunto autore dell'omicidio. Ganci sarebbe stato attirato in campagna e lì ucciso con colpi di paletti in cemento al volto, alla testa e alle braccia. Le intercettazioni e l'incrocio delle dichiarazioni rese soprattutto da membri del nucleo familiare hanno, quindi, consentito agli inquirenti di risolvere il “cold case”. Secondo quanto ricostruito, l’Adamo avrebbe covato a lungo un sentimento di astio verso il Ganci in quanto “quest'ultimo – spiegarono gli investigatori - intuendo le morbose attenzioni, anche di natura sessuale, mostrate da Adamo nei confronti delle sue figlie, lo avrebbe redarguito in più occasioni intimandogli di restare lontano dalle nipoti”. La vittima sarebbe, quindi, stata considerata "un ostacolo ai desideri sessuali nutriti dall'indagato nei confronti, in particolar modo, di una nipote, all'epoca minorenne". Il processo per omicidio è stato avviato, a Trapani, lo scorso 16 gennaio. Le indagini hanno messo in luce anche il possibile coinvolgimento del defunto padre di Adamo che, all'epoca, avrebbe taciuto la circostanza di aver sorpreso il figlio, la notte dell'omicidio, intento a ripulirsi da macchie di sangue.