“Mettiti una vesta chiara, chi veni la staciuni e accumincia a fari cavuru”.
Con queste parole la Nutrice si rivolge a Medea per strapparla alla sua oscurità e riportarla alla vita, ma come si può vestire una veste chiara se il lutto ti copre il cuore e l’amore ha il sapore del sangue e del dolore.
Questa è solo una delle sfaccettature del personaggio tratteggiato da Chiara Putaggio nel suo atto unico che si configura come un sequel in lingua siciliana del mito della sacerdotessa di Ecate, che, dopo la tragedia, rimasta sola con la Nutrice, ormai anziana, si racconta, si spiega, si svela e apre porte del passato di donna mediterranea, ma anche di “strània”.
Definizione che è già ragione e disvelamento di un’identità. L’appuntamento è per venerdì 4 agosto alle ore 21 nel chiostro dell’ex convento del Carmine. Opera messa in scena dall’associazione Skené presieduta da Massimo Licari che ha curato anche la regia, ad interpretare Medea sarà Andreina Errera, mentre Manuela Mezzapelle vestirà i panni della Nutrice e Daniele Bertolino interpreterà Apsirto, il principe della Colchide che ritorna dall’oltretomba dove la sorella lo ha confinato.
“Medea qui si spiega e ci consente di andare oltre il racconto ufficiale, che demonizza senza comprendere. "Intra un puzzo di sette metri si ci scinne, ma na panza d'un omo no"... figuriamoci nell’anima di una donna “annurvata di l’amure”. Queste le parole di Chiara Putaggio per descrivere la sua “Medea, la strània”. La messa in scena conta sulle musiche di Nino Pulizzi, che userà strumenti musicali antichi della tradizione mediterranea.
“L’opera – spiega l’autrice – è stata arricchita di una scena finale: un monologo che apre alla comprensione e all’empatia, che stravolge le convinzioni e demolisce gli stereotipi”.
La locandina è stata realizzata da Pietro Schirinzi, il trucco è a cura di Caterina De Vita. L’ingresso è libero.