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11/08/2023 06:00:00

Matteo Messina Denaro, “Mi definisco un criminale onesto”. E sul pentito Geraci…

 Mi definisco un criminale onesto. Sono le parole di Matteo Messina Denaro durante il primo interrogatorio dopo la cattura, svoltosi nel febbraio scorso.

Autodefinizione che emerge nel contesto di un racconto che il boss fa al procuratore Maurizio De Lucia e all’aggiunto Paolo Guido, in cui parla del pentito Francesco Geraci, il gioielliere di Castelvetrano. Messina Denaro avrebbe potuto ucciderlo o farlo uccidere, dice, ma non lo ha fatto perché “dentro la mia testa ho un codice comportamentale”.

Un criminale onesto” però “è un ossimoro – afferma il dottor De Lucia – lei sa cosa significa naturalmente”.

– risponde lui – ‘La gelida fiamma’: facevano sempre questo esempio a scuola”.

 

E quando spiega della “disonestà” di Francesco Geraci, Messina Denaro tiene a precisare che la cosa che più lo infastidiva era che “diceva che io sono stato il suo calvario; la società della gioielleria – la vuole sapere? – metà era mia e questa ce l’hanno ancora loro, mi spiego?”.

Geraci, racconta  il boss, “non è che ha detto allo Stato: ‘signori, la metà è sua prendetevela’, no, se l’è rubata lui”.

E ancora: “Non è che perché io ce l’avevo, perché io lo definivo a lui un mio nemico, ha tradito l’amicizia di quando eravamo nati, va bene così… è pure ladro perché si è rubato i soldi che avevamo investito assieme, lui senza di me sarebbe stato un morto di fame, invece era miliardario, ma va bene così. Ma quando tu, se sei uomo - tra virgolette che non lo era - ti fai pentito, dai tutte le colpe a me, fai passare un anno, due anni, tre anni e dici ai tuoi familiari: ‘Prendete la parte che aveva questo signore con noi e glieli fate avere alla famiglia, cosa che non accadde mai, quindi questa è disonestà secondo me, però…”.

 

Inoltre, al procuratore De Lucia rivela di avere sempre saputo la località protetta dove si trovava Geraci: a Bologna, in via Enrico Panzacchi (e specifica perfino il numero civico).ed aveva una gioielleria, sempre a Bologna, in via XX Settembre (in realtà è una piazza, ndr), nel centro storico”.

E come sapeva che abitava lì, a Bologna?” gli chiede l’aggiunto Paolo Guido.

Tramite strade mie, è ovvio – risponde - sto dicendo pure via e numero”.

E alla domanda su quali fossero queste strade sue, Messina Denaro afferma: “Allora, strade mie, se lei mi vuole portare a dire che era qualcuno dello Stato…”. “Le strade che lo hanno detto a me, ovviamente non ve lo posso dire, perché significa che usciamo da qua ed andate ad arrestare persone ed io non le faccio queste cose”.

Ma il fatto che il boss conoscesse quest’indirizzo era già stato riportato da Repubblica, dove veniva spiegato anche che i carabinieri del Ros avevano appurato che quello non era l’indirizzo dove Geraci abitava, ma un riferimento che girava in ambito giudiziario, per le convocazioni nei processi. Qui però abbiamo un altro elemento: la gioielleria di piazza XX Settembre a Bologna.

 

Sembra poi che Messina Denaro non sapesse che Francesco Geraci fosse morto di tumore al colon (la sua stessa patologia), dal momento che la notizia era arrivata proprio pochi giorni prima: “Ora l’ho saputo del tumore, non lo sapevo; sapevo che si era messo con un avvocato dei pentiti, c’ha avuto figli, poi si è lasciato, però il resto…

Poi, al procuratore De Lucia, dice anche: “Secondo lei, se a me fosse importato ucciderlo o altre cose… la sua famiglia è a Castelvetrano, la famiglia di… tutti là sono, non gli è successo mai niente perché io dentro la mia testa ho un mio codice comportamentale…”.

 

Vero, la famiglia è a Castelvetrano. Ma Andrea Geraci, fratello di Francesco, aveva a che fare in modo molto diretto con i Messina Denaro.

In uno dei pizzini ritrovati nell’asse da stiro nella casa di Rosalia Messina Denaro, verrebbero indicati movimenti di denaro di cui si sarebbe occupato Andrea Geraci. Denaro consegnato alla sorella del boss, Rosalia Messina Denaro, indicata nei pizzini come «Fragolone», da un tizio indicato col nome di «Malato», che gli investigatori hanno appunto identificato in Andrea Geraci.

Insomma, ponti chiusi con Francesco Geraci, ma apertissimi col fratello Andrea, che in più di un’occasione avrebbe consegnato soldi a Rosalia.

 

Al pentito e alla sua famiglia, non è stato torto un capello. Eppure era stato lui, Francesco Geraci,

a raccontare ai pm del piano di Cosa nostra per uccidere il giudice Giovanni Falcone e il giornalista Maurizio Costanzo. Piano in cui Matteo Messina Denaro aveva un ruolo determinante.

 

Egidio Morici