Anno 75 a.C.: un uomo sulla trentina passeggia tra le vie di Lilibeo, l’odierna Marsala, fresco di elezione per la carica di questore: si tratta di Marco Tullio Cicerone.
In quel momento era un ricco avvocato romano con poca esperienza sulle spalle, studioso di retorica e letteratura con spiccate capacità oratorie, autostima all’eccesso e voglia di intraprendere una rinomata carriera politica.
Lilibeo era l'ambiente ideale per “prendere la mano con le finanze”: l’unico luogo in Sicilia insieme a Siracusa in cui risiedeva un questore, centro commerciale storicamente cartaginese dotato di un fantastico porto e di una planimetria quadrangolare regolarmente ad hoc protetta da torri e soprattutto dal mare. Sotto il dominio della repubblica romana aveva assunto uno sfarzo edile tale da far impallidire il resto dell’isola. Inoltre era riuscito anche a far portare in città, durante una grave carestia, un’enorme quantità di grano, accattivandosi molti cittadini e soprattutto aristocratici.
Cicerone, stranamente, era sempre molto schivo a scrivere di Lilibeo. Non aveva pubblicato opere apposite e la citava soltanto nelle lettere che spedisce ai suoi amici e familiari ma senza entrare mai in alcun dettaglio: la famosa frase Splendidissima civitas Lilibetana non è mai stata ritrovata ed anche la sua scuola di retorica nell’Isola di Schola sembra soltanto una leggenda.
Dopo poco più di un anno, la qualità del suo operato aveva superato le più rosee aspettative: il suo conservatorismo sfrenato calzava a pennello con le tendenze politiche del periodo. Questo era stato soltanto il primo piccolo passo verso una carriera, della quale era pienamente orgoglioso, in cui era riuscito a ricoprire ogni ruolo politico, con la ciliegina sulla torta del consolato nel 64 a.C. Ed è proprio grazie al consolato che entrava nella leggenda, soprattutto per il suo discorso in Senato contro il sovversivo Catilina, che ritroviamo nelle sue "Catilinarie", probabilmente una tra le opere più celebri di tutto il mondo antico.
In seguito, la sua esistenza giunge decisamente in salita: costretto all’esilio, ritorna a Roma ma restava totalmente in balia prima di Cesare, poi di Marco Antonio: notate le mire monocratiche di quest’ultimo, lo accusa nelle sue "Filippiche" e si schierava con il rivale Ottaviano. La sua rovina si cristallizza con l’avvicinamento Antonio-Ottaviano quando veniva inserito nelle liste di proscrizione e ucciso dai sicari nel 43 a.C.: sotto ordine di Antonio, uomo abbastanza rancoroso, veniva presa la sua testa e le sue mani per esporle in Senato.
È bene ricordarci che, sotto le strade dissestate della città di Marsala, si cela un luogo così ricco di storia che ha visto tra i suoi residenti uno tra i personaggi più amati e discussi dell’antichità.
Luca Lo Buglio