Sabato scorso l'associazione “La casa del Popolo”, nei locali della Chiesa Valdese di Trapani, ha ospitato un dibattito che aveva come punto centrale l’attualità dell’arringa difensiva che l’avvocato Francesco Saverio Merlino discusse per difendere Gaetano Bresci reo confesso dell’assassinio di Umberto I avvenuto il 29 luglio 1900.
Davanti ad un numeroso ed attento pubblico, i legali Andrea Miceli e Fabio Altese hanno sottolineato il ruolo professionale svolto dagli avvocati di garanti dell’interesse pubblico. Spesso, infatti, ci si domanda perchè si debba difendere qualcuno accusato di un efferato reato.
Altese, evidenziando tanto il diritto quanto l’obbligo alla difesa, ha ricordato la drammatica vicenda dell’avvocato torinese Fulvio Croce assassinato dalle Brigate Rosse nel 1977 per aver svolto il ruolo di avvocato d’ufficio contro la volontà degli imputati Renato Curcio e altri.
Andrea Miceli, invece, tra l’altro, ha evidenziato che il ruolo del processo non è quello di assicurare “vendetta” al soggetto offeso. Ha poi concordato sottolineato e condiviso la parte dell’arringa dell’avvocato Merlino nella quali questi ricordava come “coi verdetti eccessivi, colle condanne atroci, non si reprime il delitto”. Per Merlino, infatti, “certi gravi delitti rispondono a gravi problemi sociali che vanno studiati e risoluti”. L’avvocato Miceli ha poi concluso rivelando le disumane condizioni in cui vivono i detenuti, anche quelli del carcere di Trapani da lui recentemente visitato con l’associazione “Nessuno tocchi Caino”.
Salvatore Bongiorno e Natale Salvo, infine, hanno ricordato le condizioni di vita di quel periodo storico in cui maturò l’omicidio del re d’Italia, condizioni in parte sovrapponibili all’attualità: la disoccupazione; i bassi salari; l’aumento del costo dei generi alimentari ( la farina era passata da 35 a 60 centesimi il chilo anche a causa della guerra ispano-americana del 1898 che aveva ridotto le importazioni, come oggi con la guerra in Ucraina ); la repressione delle libertà di espressione da parte dei governi Crispi prima e Di Rudinì dopo ( che vietavano, tra l’altro, ogni diritto politico agli anarchici altresì spesso arrestandoli e condannandoli al confino proprio a Trapani, come a Pantelleria, Favignana o Ustica ).
La scintilla che innescò infine quella “polveriera” in Italia ( nel 1894 già ne aveva fatto le spese il presidente francese anch’esso rimasto ucciso in un attentato ) fu l’eccidio di Milano del 7 maggio 1898, quando l’esercito italiano, guidato dal generale Bava Beccaris, sparò sulla popolazione che protestava perfino otto colpi di cannone procurando un centinaio di vittime.
Fu quell’evento, infatti, e la successiva premiazione di Bava Beccaris con un posto in Senato da parte di Umberto I, ad azionare la decisione omicida dell’anarchico pratese Gaetano Bresci.