E’ la “Raimondi Nicolò & figli”, con punti distribuzione nelle contrade San Giuseppe Tafalia e Terrenove, la ditta accusata da Guardia di finanza e Procura di Marsala di avere attuato una clamorosa truffa ai danni dello Stato nel settore dei carburanti agricoli.
Questi ultimi, infatti, per legge possono essere acquistati, a prezzi agevolati, soltanto dagli agricoltori per essere utilizzati solo per i loro trattori o altri mezzi di lavoro simili. Non certo per rifornire auto diesel o autocarri.
Associazione per delinquere finalizzata al contrabbando di prodotti petroliferi è, pertanto, l’accusa contestata ai principali indagati (quattro familiari del defunto Nicolò Raimondi, fondatore dell’azienda). Per loro, il giudice per le indagini preliminari del tribunale di Marsala ha accolto integralmente la richiesta della Procura. Quattro le misure cautelari di divieto di dimora. E per uno degli indagati anche la misura interdittiva del divieto temporaneo di esercizio dell’ufficio di amministratore unico e legale rappresentante di una società. C’è stato, inoltre, il sequestro preventivo di denaro, disponibilità finanziarie, automezzi ed immobili, per un valore complessivo di oltre 250 mila euro. Sequestrati il complesso aziendale e le quote societarie, 3 impianti di depositi commerciali di carburante e i mezzi di trasporto impiegati per la commissione della frode. Sono in fase notifica, infine, altri 200 avvisi di garanzia nei confronti di coloro che, a vario titolo, hanno concorso nella commissione dei reati. Le indagini erano state avviate nel 2022, a seguito dell’avvio di attività di monitoraggio e riscontro eseguite nei confronti di una società operante nel settore del commercio, all’ingrosso e al dettaglio, tra gli altri, di carburante. In questo contesto, ad insospettire le Fiamme Gialle era stato un consistente “andirivieni” di auto e altri mezzi impegnati nel prelievo di gasolio destinato ad usi agevolati (settore agricolo). Successivi approfondimenti avrebbero rivelato l’esistenza di una “articolata frode”, architettata, secondo l’accusa, da quattro familiari del fondatore della ditta.