Emergono nomi e altri particolari dell’inchiesta di Procura e Guardia di finanza di Marsala sfociata, nei giorni scorsi, nell’emissione da parte del gip Riccardo Alcamo di quattro misure cautelari (un’interdittiva di divieto temporaneo, per un anno, di esercizio dell’ufficio di amministratore unico e legale rappresentante di una società e quattro divieti di dimora) nei confronti del gruppo familiare che gestisce la ditta “Raimondi Nicolò & figli”, con punti distribuzione carburanti nelle contrade San Giuseppe Tafalia e Terrenove e a Mazara del Vallo.
L’accusa è quella ad avere attuato una clamorosa frode fiscale nel settore dei carburanti agricoli. Questi ultimi, infatti, per legge possono essere acquistati, a prezzi agevolati, soltanto dagli agricoltori per essere utilizzati solo per i loro trattori o altri mezzi di lavoro simili.
Non certo per rifornire auto diesel, autocarri o imbarcazioni da diporto. Associazione per delinquere finalizzata al contrabbando di prodotti petroliferi è, pertanto, l’accusa contestata ai principali indagati (tutti familiari del defunto Nicolò Raimondi, fondatore dell’azienda). Per loro, il giudice per le indagini preliminari del tribunale di Marsala ha accolto integralmente la richiesta della Procura. La misura cautelare interdittiva del divieto per un anno di esercizio dell’ufficio di amministratore unico e legale rappresentante di una società è scattata per Andrea Salvatore Roberto Anselmi, di 60 anni. Il “divieto di dimora” negli uffici, nelle strutture, nelle pertinenze e nelle adiacenze, nonché nelle sedi secondarie e operative, dell’azienda è stato applicato, oltre che ad Anselmi, a Vito Roberto Montalto, di 45 anni, Loredana Peralta, di 51, e Nicola Massimo Montalto, di 42.
Contestualmente, il gip ha nominato Alessandro De Vita amministratore giudiziario dell’azienda. Con la stessa ordinanza è stato disposto il sequestro preventivo di denaro, disponibilità finanziarie, automezzi ed immobili, per un valore complessivo di oltre 250 mila euro. Sequestrati il complesso aziendale e le quote societarie, 3 impianti di depositi commerciali di carburante e i mezzi di trasporto impiegati per la commissione della presunta frode, che avrebbe proporzioni notevoli. Sono ben 209, infatti, gli avvisi di garanzia inviati a coloro che, a vario titolo, avrebbero concorso nella commissione dei reati. Tra costoro, anche un ex preside, un gioielliere, la moglie di un avvocato salemitano, il contitolare di un’azienda vinicola, professionisti vari, persino un funzionario dell’Agenzia delle Dogane e un ex militare della Guardia di finanza adesso in pensione. E naturalmente tanti agricoltori. Per questi ultimi, ovviamente, bisognerà verificare ulteriormente, caso per caso, in sede giudiziaria, se davvero il carburante agricolo era destinato ad altri usi e ad altre persone. Se, insomma, gli acquisti di “nafta” a prezzo agevolato annotati nei loro libretti “Uma” (utenti motori agricoli) erano effettivamente destinati ai lavori nei campi oppure no. Per esempio, per andare in barca a Favignana nei mesi estivi.
Le indagini erano state avviate nel 2022, a seguito dell’avvio di attività di monitoraggio e riscontro eseguite nei confronti di una società operante nel settore del commercio, all’ingrosso e al dettaglio, tra gli altri, di carburante. In questo contesto, ad insospettire le Fiamme Gialle era stato un consistente “andirivieni” di auto e altri mezzi impegnati nel prelievo di gasolio destinato ad usi agevolati. Successivi approfondimenti rivelavano l’esistenza di una “articolata frode”, architettata, secondo l’accusa, da quattro familiari del fondatore della ditta. Nel sistema, secondo l’accusa, illegale, sul quale hanno fatto luce le Fiamme Gialle c’è la “parcellizzazione delle cessioni di “gasolio agevolato”, l’emissione di fatture “ideologicamente false” destinate a legittimare cartolarmente le varie cessioni “fraudolente” e a far “quadrare” le giacenze nei depositi di carburante. E poi, l’indicazione in calce ad alcune fatture di accompagnamento del nome di un “vettore-conducente” che secondo gli investigatori sarebbe stato “palesemente diverso dall’intestatario della fattura, né a questi legato da vincoli di parentela o lavorativi”. Una frode al fisco che sarebbe stata attuata, sempre secondo l’ipotesi d’accusa, con l’utilizzo “massivo e reiterato” delle credenziali di diversi agricoltori “compiacenti”, al fine di cessioni “fraudolente” di nafta “in nero” ad altri soggetti non aventi diritto all’agevolazione prevista dalla legge. “E’ possibile affermare – si legge in uno dei passi principali dell’ordinanza – che la Raimondi Sas, per alimentare il consistente ‘mercato parallelo’ di prodotto agevolato, di fatto si sia comportata come un ordinario distributore al dettaglio di carburante, contravvenendo in modo fraudolento agli adempimenti ed oneri previsti per un deposito ‘all’ingrosso’ di prodotti agevolati”.