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01/07/2024 06:00:00

Il caporalato in Italia e nel trapanese. I numeri di una piaga diffusa e radicata

La tragica morte di Satnam Singh, bracciante indiano vittima di un incidente sul lavoro in un'azienda agricola di Latina, ha riacceso i riflettori sul drammatico problema del caporalato in italia. Singh, di appena 31 anni, ha perso la vita dopo essere rimasto mutilato in un macchinario agricolo. L'incidente, avvenuto in un'azienda di Borgo Santa Maria, ha visto il giovane perdere un braccio, schiacciato da un avvolgiplastica a rullo trainato da un trattore, e subire gravi lesioni agli arti inferiori.

Il comportamento del datore di lavoro, Antonello Lovato, 38 anni, ha suscitato indignazione e orrore. Invece di soccorrere immediatamente Singh, Lovato ha caricato il mutilato sul suo furgone e lo ha riportato a casa, lasciandolo solo, sanguinante, con la moglie disperata a vigilare su di lui. Solo in seguito è stato chiamato un'eliambulanza che ha trasportato Singh all'ospedale San Camillo, ma le ferite erano troppo gravi e l'uomo è deceduto. La Procura di Latina ha aperto un'inchiesta inizialmente per omicidio colposo. Il Comune di Latina ha annunciato la propria intenzione di costituirsi parte civile nel processo.

Un sistema di sfruttamento consolidato - Il caso di Satnam Singh è emblematico di un sistema di sfruttamento radicato nel settore agricolo italiano. Il segretario locale della Cgil, Giuseppe Massafra, ha sottolineato come il caporalato continui a prosperare grazie alla vulnerabilità dei lavoratori, spesso privi di permesso di soggiorno e dunque facilmente ricattabili. Questi lavoratori, reclutati dai caporali, sono costretti a lavorare per salari ben al di sotto dei minimi contrattuali, tra i 4 e i 6 euro all'ora, spesso per 14 ore al giorno. Una situazione che porta molti a lavorare praticamente a cottimo, senza alcuna tutela e in condizioni di estremo rischio. Il caso di Satnam Singh è una dolorosa testimonianza della realtà vissuta da molti lavoratori agricoli in Italia. La sua morte deve servire da monito e da spinta per un'azione più decisa e coordinata contro il caporalato, per garantire dignità, sicurezza e diritti.

Reazioni e impegni istituzionali - La ministra del Lavoro, Marina Calderone, ha descritto l'episodio come un "atto di barbarie" e ha assicurato che il governo sta lavorando su un piano per contrastare il lavoro sommerso e il caporalato. Il piano prevede misure di prevenzione e repressione del lavoro irregolare, promuovendo una cultura del rispetto dei diritti dei lavoratori e della sana competizione tra imprese. Dopo la morte di Satnam il governo Meloni annuncia la lotta al caporalato, nell'ambito di una riunione tenutasi al ministero del lavoro alla presenza della ministra Marina Calderone e del suo collega dell'Agricoltura, Francesco Lollobrigida, assieme alle rappresentanze sindacali e datoriali. "Lo scopo di tutti è dichiarare guerra al caporalato ed intensificare le azioni a contrasto di un sistema che mortifica il lavoro - ha spiegato la ministra Calderone al termine dell'incontro -, mette a repentaglio le vite umane e non fa crescere certo un comparto strategico come l'agricoltura". Dal canto suo, il ministro Lollobrigida ha commentato: "Una delle cose emersa dalla riunione è che in queste situazioni accade un fatto: la criminalizzazione di uno degli anelli della filiera. Al decesso di un operaio per colpa di un criminale, si criminalizzano le imprese agricole. Queste morti - ha aggiunto - dipendono da criminali, non dal sistema delle imprese agricole".

L'opposizione dice no alle solite misure spot -  "Secondo l'osservatorio Placido Rizzotto della Cgil, il fenomeno dello sfruttamento nelle campagne italiane riguarda donne e uomini che vengono sfruttati e sottopagati - hanno affermato i capigruppo M5s nelle commissioni Lavoro e Agricoltura della Camera, Valentina Barzotti e Alessandro Caramiello -. Uno sfruttamento dei diritti umani in piena regola. Dopo la tragica morte di Satnam Singh, il governo ha deciso di muoversi. Vogliamo sperare che i provvedimenti che saranno presi non servano solo a conquistare qualche titolo di giornale ma siano realmente efficaci" e aggiungono "per quanto ci riguarda, crediamo che sia necessario rivedere il decreto Flussi, che nel 2024 è stato un fallimento, e istituire il reato di omicidio sul lavoro per casi come quello di Satnam, dove le responsabilità di datori di lavoro senza scrupoli sono evidenti”.

I numeri del caporalato in Italia - Il caporalato in Italia è una realtà dolorosa e diffusa. Le schiene piegate nei campi del Mantovano, di Latina e di Foggia sono quelle dei braccianti che raccolgono i prodotti che arrivano sulle nostre tavole: pomodori, olive, uva e fragole. Secondo i dati Istat, circa 230 mila braccianti soffrono sfruttamento e abusi, con contratti fantasma e paghe che variano dai 15 ai 35 euro al giorno, arrivando in alcuni casi a soli due euro l'ora. Tra questi lavoratori, 55 mila sono donne, e tutti insieme rappresentano un quarto del totale degli occupati nel settore agricolo. Provengono da vari paesi come Nigeria, Senegal, Costa d’Avorio, Gambia, Mali, Bulgaria, Romania, Pakistan, Bangladesh e India. Jean René Bilongo, presidente dell’Osservatorio Placido Rizzotto, che monitora il fenomeno del caporalato da oltre dieci anni con Flai Cgil, sottolinea che questo sistema è radicato in tutto il Paese, non solo nel Sud. Nonostante la legge 199 introdotta nel 2016 sia riconosciuta a livello europeo come eccellente, gli abusi continuano a persistere. Sul fronte della prevenzione, i progressi sono stati insufficienti e la situazione è peggiorata nel periodo post-pandemia.

Controlli e inchieste sul caporalato - Il contrasto al caporalato in Italia è complicato da difficoltà nei controlli e una significativa variazione nei dati di inchieste. Tra il 2022 e il 2023, i controlli sono diminuiti, con l'Ispettorato del lavoro (Inl) che ha effettuato 4.263 accessi ispettivi nel 2023, riscontrando illeciti in 2.090 casi e coinvolgendo oltre 2.100 lavoratori. Parallelamente, l'Osservatorio Placido Rizzotto ha registrato un aumento quasi doppio delle denunce e delle inchieste, passando da 220 a 432. Geograficamente, la Lombardia, in particolare le province di Mantova e Brescia, ha la maggiore concentrazione di casi al Nord. Al Centro, il Lazio è la regione con il numero più alto di casi, con la provincia di Latina particolarmente colpita. Al Sud, la Puglia ha il maggior numero di casi denunciati, seguita da Sicilia e Calabria. Le difficoltà nel contrastare il fenomeno sono amplificate dalle dimensioni delle aziende agricole. Paolo Pennesi, direttore dell’Ispettorato nazionale del lavoro, sottolinea che le piccole imprese, spesso meno strutturate, sono più inclini a pratiche di lavoro nero. La "Rete del lavoro agricolo di qualità," istituita per certificare le imprese etiche e contrastare il caporalato, ha avuto un successo limitato, con solo 6.600 aziende iscritte su oltre 400.000 attese, dimostrando l'insufficienza di tali misure.

Il Caporalato a Campobello di Mazara - Giuseppe Procida, studente universitario, ha presentato una tesi di laurea intitolata "All’ombra degli ulivi: per un’indagine storico-antropologica del caporalato a Campobello di Mazara", che esplora il fenomeno del caporalato nella provincia di Trapani, in Sicilia. Il lavoro nasce da un interesse personale e da esperienze concrete nel campo della migrazione e del volontariato in diversi contesti europei e italiani. Procida ha maturato una comprensione profonda del caporalato attraverso la sua esperienza diretta, piuttosto che attraverso una semplice curiosità accademica. Il primo capitolo esamina la storia del caporalato in Sicilia, comparando le forme di sfruttamento lavorativo del passato, come la schiavitù nel Tardo Medioevo, con le pratiche odierne. Analizza eventi storici significativi come i moti di Avola del 1968, le rivolte di Rosarno nel 2010 e lo sciopero dei lavoratori immigrati a Nardò nel 2011, concludendo con un'analisi delle normative successive che hanno definito il caporalato come reato penale.  Il secondo capitolo offre un'analisi antropologica del lavoro migrante in Sicilia e Italia, rassegnando le teorie sociologiche sulla segregazione etnica, il "modello migratorio mediterraneo" e altre prospettive interpretative. Esamina anche il panorama normativo dell'immigrazione e le dinamiche di attivismo politico migrante.  Il terzo capitolo è dedicato al caso specifico di Campobello di Mazara, utilizzando un approccio etnografico e qualitativo. Attraverso interviste e osservazioni sul campo, Procida esplora il caporalato nella realtà locale, riflettendo sui problemi e sulle dinamiche sociali ed economiche legate al fenomeno. Procida conclude che, pur non potendo offrire una visione definitiva a causa del periodo limitato di osservazione, la sua ricerca mira a mettere in luce una realtà complessa e profonda, collegando impegno sociale e riflessione accademica. La tesi rappresenta una fase iniziale di un lavoro che Procida intende approfondire ulteriormente, con l'obiettivo di fornire un'analisi più completa e utile all'attivismo sociale.

Operazione nel trapanese - L'ultima operazione contro il caporalato e lo sfruttamento della manodopera irregolare che ha coinvolto la provincia di Trapani insieme ad altre zone del Paese si è tenuta a novembre del 2023.  300 agenti della Polizia di Stato, coordinati dal Servizio centrale operativo, hanno effettuato perquisizioni e controlli a Trapani, ma anche nelle province di Barletta-Andria-Trani, Cuneo, Foggia, Latina, Matera, Prato e Reggio Calabria. L'operazione aveva come obiettivo principale quello di combattere il traffico di esseri umani e le forme di sfruttamento lavorativo illegale. Le verifiche si concentrano su soggetti, esercizi commerciali e basi logistiche riconducibili allo sfruttamento di cittadini extracomunitari irregolari. Questi lavoratori, spesso privi di documenti e sfruttati al di fuori delle normative vigenti, sono destinati a lavorare in aziende agricole, opifici o esercizi commerciali.

La coop Colombaia, le aziende coinvolte e Albano - A Marsala a novembre scorso si chiuse la fase giudiziaria relativa al caso della cooperativa agricola “Colombaia”, confiscata nel maggio 2019 a seguito delle indagini svolte dalla sezione di pg della Guardia di finanza della Procura di Marsala (all’epoca diretta dal luogotenente Antonio Lubrano). Ci fu l'assoluzione dall’accusa di falsa testimonianza del 38enne marsalese Antonino Sciacca, mentre precedente c'era stata la condanna con patteggiamento, per “intermediazione illecita (‘caporalato’, ndr) e sfruttamento del lavoro”, di Filippo e Giuseppe Angileri, padre e figlio, e di Benedetto Maggio, cognato di Giuseppe Angileri e del romeno Ion Lucian Ursu.

Per quel che riguarda l’aspetto etico-morale, alcune aziende agricole, del settore vitivinicolo, negli anni sono finite sotto i riflettori delle Fiamme Gialle (dal 2014 al 2016) perché hanno usufruito di manodopera a basso costo. Aziende non coinvolte sul piano penale-giudiziario in quanto i loro rapporti erano con la cooperativa “Colombaia”, che forniva i braccianti, e non direttamente con questi ultimi. Insomma, a sfruttare, con paghe modeste e per buona parte delle giornate lavorative senza contributi previdenziali e assistenziali, era la cooperativa e non direttamente le aziende che usufruivano della manodopera. Eppure, il basso costo di quest’ultima avrebbe dovuto far sorgere quale sospetto ai titolari di queste aziende, proprietari dei vigneti dove i braccianti (quasi tutti romeni, tranne due marsalesi) lavoravano duramente.

E tra questi proprietari terrieri, dalle carte dell’indagine (testimonianza di un bracciante) salta all’occhio un nome famoso. E’ quello del cantante Albano, nei cui vigneti, in Puglia, nel 2014, avrebbero lavorato numerosi braccianti della coop marsalese “Colombaia”. Le Fiamme Gialle non hanno trovato fatturazioni nelle carte della “Colombaia”. Hanno trovato, invece, le fatture relative alle prestazioni di manodopera alla Tenuta “Gorghi Tondi”, Vini del Sud Calatrasi e “Abraxas” di Pantelleria, azienda Rizzo Felicia Assunta, Barone di Serramarocco e altri. Fatture con cifre anche importanti (fino a 79 mila euro).