Poco più di 50 anni di carcere sono stati inflitti dal Tribunale di Marsala (presidente del collegio: Alessandra Camassa, giudici a latere Francesco Paolo Pizzo e Massimiliano Alagna) a quattro dei sei imputati, quasi tutti di Castelvetrano, del processo scaturito dall’operazione antimafia “Ermes 3” del 20 giugno 2020 (due persone arrestate e 13 denunciate), che diede un altro colpo alla
rete dei presunti “sodali” e favoreggiatori dell’allora boss latitante Matteo Messina Denaro. Diciotto anni di carcere (esattamente quanti ne aveva chiesto il pm della Dda Gianluca De Leo), è stata inflitta a Giovanni Onofrio Beltrallo, di 57 anni, mentre a 15 anni è stato condannato Melchiorre Vivona, di 67. Nove anni e 4 mesi, invece, per il 77enne marsalese Antonino Stella, e otto anni per
Leonarda Furnari, di 40. Il 76enne capomafia castelvetranese Vincenzo La Cascia, invece, insieme alla Furnari, è stato assolto “per non aver commesso il fatto” dall’accusa di tentata estorsione, mentre per Domenico Salvatore Zerilli, di 54 anni, il Tribunale ha sentenziato il “non doversi procedere” per prescrizione.
Tra le pene “accessorie”, l’interdizione perpetua dai pubblici e quella legale durante l’esecuzione della pena per Beltrallo, Furnari, Stella e Vivona. Beltrallo e Vivona, inoltre, per cinque anni non potranno contrattare con la pubblica amministrazione. Le motivazioni saranno depositate entro 90 giorni. Al termine della sua requisitoria, il pm De Leo aveva invocato la condanna di tutti gli imputati a complessivi 76 anni di reclusione. A difendere gli imputati sono stati gli avvocati Celestino Cardinale, Diego Tranchida, Giuseppe Pantaleo (per La Cascia), Lilla Giovanna Lo Sciuto, Noto, Tricoli e Miceli. I reati vario titolo contestati dalla Dda di Palermo erano associazione mafiosa, estorsione, detenzione di armi e favoreggiamento della latitanza di Messina Denaro, che inizialmente era uno degli imputati del processo. Nel corso del blitz operato, quattro anni fa, dalla Squadra mobile di Trapani è venne ancora una volta perquisita, a Castelvetrano, la casa della madre dell’ex latitante.
Gli altri indagati avevano scelto il rito abbreviato e per il loro processo c’è stata pronuncia della Cassazione lo scorso 10 maggio. La seconda sezione della Suprema Corte, accogliendo le richieste della difesa, ha annullato quattro delle sei condanne inflitte,
il 5 aprile 2023, dalla quarta sezione della Corte d’appello di Palermo. Due delle quattro condanne sono state annullate con “rinvio” a diversa sezione della Corte d’appello di Palermo per la rideterminazione della pena. La difesa ha, infatti, sostenuto che l’appartenenza a Cosa Nostra di Marco Manzo, 59 anni, di Campobello di Mazara, condannato a 9 anni di carcere, e di Giuseppe
Calcagno, di 49, nato a Marsala, ma anche lui residente a Campobello di Mazara, condannato a 6 anni e 8 mesi, risale agli anni precedenti al 2015, quando, in giugno, entrò in vigore la legge che inaspriva le pene per il reato di associazione per delinquere di stampo mafioso. I difensori avevano sostenuto la stessa tesi, senza successo, sia in primo che in secondo grado. Manzo e Calcagno
furono i soli ad essere arrestati nell’operazione “Ermes 3”.
Per Antonino Adamo, e Vito Genna, entrambi di 66 anni e di Mazara del Vallo, la Cassazione ha invece annullato senza rinvio, per
intervenuta prescrizione, le condanne a 2 anni di reclusione ciascuno per favoreggiamento. A difendere i quattro imputati sono stati gli avvocati Paolo Paladino, Luigi Pipitone, Raffaele Bonsignore e Walter Marino. Sempre in appello, per favoreggiamento, erano stati condannati a due anni di reclusione (con pena sospesa) anche i mazaresi Gaspare Genna, di 45 anni, e Pietro Salvatore Zerilli, di 49.