Seppur con la riqualificazione di alcuni capi d’imputazione in reati meno gravi, o con l’esclusione di qualche aggravante, il Tribunale di Marsala, ha condannato tutti i sette imputati del processo con rito ordinario scaturito dall’operazione antimafia dei carabinieri “Hesperia”, che il 6 settembre 2022 vide finire in carcere o ai domiciliari presunti affiliati e fiancheggiatori di Cosa Nostra a Marsala, Mazara del Vallo, Campobello di Mazara, Castelvetrano, Paceco e Partinico.
Le accuse a vario titolo contestate agli indagati (35 in tutto, con misure cautelari di varia natura) sono associazione mafiosa, estorsione, turbata libertà degli incanti (nelle aste al Tribunale di Marsala), reati in materia di stupefacenti, porto abusivo di armi, gioco d’azzardo e altro, tutti aggravati dal metodo e dalle modalità mafiose. La pena più severa, sette anni di carcere, è stata per il 51enne marsalese Stefano Putaggio, agente immobiliare, ex attivista del M5S, accusato di estorsione, con aggravante del metodo mafioso, ad un imprenditore che si era aggiudicato, per circa 400 mila euro, un immobile ad un’asta giudiziaria. Per Putaggio, il pm della Dda Pierangelo Padova aveva invocato dieci anni.
Nel corso del processo, la presunta vittima di estorsione, l’agente di commercio Giuseppe Sturiano, ha negato di aver subito pressioni per pagare. “Non ho mai subito alcuna minaccia – ha dichiarato il teste - Ho pagato solo per la mediazione in un affare”. Per gli investigatori, però, Sturiano sarebbe stato vittima di una estorsione commessa da Stefano Putaggio, Antonino Raia e Antonino Lombardo. Quest’ultimo è deceduto lo scorso anno, all’età di 70 anni, a causa di una grave malattia. Per Sturiano, il Tribunale ha disposto la trasmissione degli atti relativi alla sua deposizione alla Procura della repubblica per valutare se ci sono gli estremi del reato di falsa testimonianza.
A sei anni, invece, è stato condannato Vito De Vita, di 46 anni, accusato della cessione di una partita di droga per 1300 euro, a cinque anni ciascuno Riccardo Di Girolamo, di 45, e Filippo Aiello, di 77, a tre anni e mezzo Lorenzo Catarinicchia, di 43, anche loro tutti di Marsala, e infine ad un anno e tre mesi ciascuno, con pena sospesa, i mazaresi Nicolò e Bartolomeo Macaddino, di 63 e 59 anni, grossi imprenditori del settore ittico, per i quali l’accusa di estorsione aggravata dal metodo mafioso è stata derubricata in quella molto meno grave di esercizio arbitrario delle proprie ragioni. Per Aiello l’accusa di concorso esterno in associazione mafiosa è stata derubricata in favoreggiamento, mentre per Di Girolamo e Catarinicchia il Tribunale ha escluso l’aggravante del metodo mafioso. A difendere gli imputati sono stati gli avvocati Vito Daniele Cimiotta, Giacomo Frazzitta, Giovanni Gaudino, Manuela Canale, Giuseppe De Luca e Giuseppe Tumbiolo. Il collegio giudicante (presidente: Vito Marcello Saladino, giudici a latere Chiara Vicini e Francesco Paolo Pizzo) ha condannato, inoltre, gli imputati al pagamento in solido del risarcimento danni alle parti civili Comune di Castelvetrano e di Campobello di Mazara, ai quali dovranno essere versati 100 mila euro ciascuno. Altri 27 imputati avevano scelto il rito abbreviato e lo scorso 14 dicembre sono stati condannati dal gup di Palermo Ermelinda Marfia a quasi 230 anni di carcere, e circa 140 mila euro di multe. La pena più severa (20 anni di carcere) è stata inflitta al 68enne campobellese Francesco Luppino, ritenuto uno dei fedelissimi di Matteo Messina Denaro, e al 56enne marsalese Francesco Giuseppe Raia.