La lunga e intricata latitanza di Matteo Messina Denaro continua a svelare enigmi e connessioni sorprendenti. Tra questi, il caso di una chiave sequestrata ad Andrea Bonafede, classe 1969, già condannato in primo grado a 6 anni e 8 mesi per favoreggiamento aggravato. Bonafede, noto per aver fornito supporto logistico al boss, aveva facilitato l'accesso alle ricette mediche durante la fase più delicata della latitanza del mafioso.
La chiave delle tante porte
La chiave in questione, inizialmente, sembrava collegata a un box di Mazara del Vallo, luogo dove Messina Denaro si incontrava con Lorena Lanceri, condannata a 13 anni e 8 mesi per concorso esterno in associazione mafiosa. Questo box, che gli inquirenti ritengono fosse una sorta di "alcova" per il boss e la sua amante, era già al centro di una rete di indagini. Ma i misteri non finiscono qui. Durante le verifiche, si è scoperto che la stessa chiave apre anche il catenaccio di un cancello che conduce a un terreno a Campobello di Mazara, proprietà dello stesso Bonafede.
Il puzzle delle serrature
La coincidenza è sorprendente: quante probabilità ci sono che una chiave possa sbloccare serrature così diverse? Questo dettaglio ha alimentato ulteriori interrogativi sull'effettiva destinazione della chiave e sulla rete di connessioni di Bonafede con la latitanza di Messina Denaro.
Andrea Bonafede, ex dipendente comunale di Campobello, al momento dell’arresto era in possesso di circa 60 chiavi, molte delle quali restituite poiché legate a locali dell’amministrazione. Tuttavia, una parte è rimasta sotto esame del ROS, su mandato del procuratore aggiunto Paolo Guido, per verificare possibili implicazioni legate ai nascondigli e ai movimenti del boss mafioso.
Prove e rinunce in aula
Durante l’udienza in Corte d’Appello per il processo a Bonafede, il sostituto procuratore generale Carlo Marzella ha deciso di rinunciare all’utilizzo della chiave come prova, poiché gli accertamenti successivi non hanno confermato l’esclusivo legame tra la chiave, il box di Mazara e il ruolo del condannato.
Simbolo della complessità dell’indagine
La chiave rappresenta un ulteriore tassello nel complicato mosaico dell’indagine su Matteo Messina Denaro. Come il caso della pistola con matricola identica a quella di un carabiniere, o la rete di favoreggiatori che ha consentito al boss di rimanere nascosto per quasi trent'anni, anche questo dettaglio sottolinea la complessità del sistema di protezione che circondava il mafioso.