Torniamo ad occuparci della recente operazione della Procura di Marsala, coordinata dal procuratore Fernando Asaro e dal gruppo specializzato nei reati economici-finanziari guidato da Maria Milia. E' un'inchiesta che - sulla base degli elementi che emergono dalle carte dell'accusa - ha messo a nudo un sistema consolidato e perverso di gestione aziendale nel settore della grande distribuzione. Questo sistema, basato su pilotaggi di fallimenti e riciclaggio di fondi, rappresenta un grave ostacolo allo sviluppo economico locale.
Il "Modus Operandi" del Sistema FraudolentoLe indagini hanno evidenziato uno schema sistematico che coinvolgeva alcune società del settore della grande distribuzione. Il meccanismo prevedeva:
Ecco alcuni esempi concreti di come le società coinvolte abbiano sottratto risorse pubbliche e occultato proventi.
Debiti fiscali trasferiti alle "Bad Company"
Uno dei metodi più diffusi era quello di creare società che accumulavano debiti fiscali, per poi lasciarle fallire. Ad esempio, la società G.BE.Com. S.r.l., aveva accumulato debiti verso il fisco per centinaia di migliaia di euro, tra IVA non versata e tasse arretrate. Lo stesso accadeva con altre società come Lilibeo Distribuzione Srl, che si caricavano di passività enormi, poi “abbandonate” con il fallimento.
Queste aziende, una volta svuotate delle risorse, venivano lasciate morire, mentre le attività e i dipendenti passavano a nuove società che ripartivano senza alcun onere fiscale. Un trucco semplice ma devastante per le casse dello Stato.
Bilanci manipolati e proventi nascosti
Un’altra tecnica comune era quella di falsificare i bilanci per nascondere fondi sottratti e presentare una situazione finanziaria diversa dalla realtà. Un esempio emblematico è quello della società Drepannum Distribuzioni S.r.l., dove il valore di avviamento era stato gonfiato fino a 700.000 euro, mentre in realtà l’azienda era in perdita. Questo espediente permetteva di mascherare i trasferimenti di denaro sospetti verso altre società del gruppo, giustificandoli come normali operazioni aziendali.
In alcuni casi, le società emettevano fatture per operazioni inesistenti, come quella di 240.000 euro scoperta dagli investigatori. Il denaro, formalmente tracciabile, veniva in realtà occultato e reinvestito nei nuovi supermercati del gruppo, rendendo quasi impossibile seguirne la destinazione.
Ritenute non versate e debiti previdenziali
Le società coinvolte non si limitavano a non pagare le imposte. Anche i contributi previdenziali dei dipendenti venivano sistematicamente trattenuti e mai versati. Gli investigatori hanno scoperto che alcune aziende avevano accumulato debiti verso l’INPS per oltre mezzo milione di euro ciascuna. Questi debiti, anziché essere saldati, venivano lasciati sulle spalle delle “bad company”, ormai prossime al fallimento.
Flussi di denaro e riciclaggio
Il sistema era reso ancora più complesso da un giro di soldi movimentato tra diverse società con operazioni fittizie. Ad esempio, Esse Emme S.r.l. aveva ricevuto finanziamenti per oltre 250.000 euro, apparentemente da fonti legittime. Tuttavia, le indagini hanno rivelato delle irregolarità nella loro origine.
Il danno per l’Erario
Nel complesso, questo sistema ha generato perdite enormi per lo Stato. Si stima che, tra IVA evasa, tasse sui redditi non dichiarate e contributi non versati, le somme sottratte ammontino a diversi milioni di euro.
La Procura di Marsala ha sottolineato come questo schema non fosse un caso isolato, ma un metodo consolidato e ripetuto nel tempo: “Abbiamo contestato singole bancarotte alle società coinvolte – morte e poi vive, morte e poi vive – ma la novità è che questa volta abbiamo contestato anche l’associazione per delinquere. Perchè sosteniamo che esisteva un modus operandi chiaro per pilotare i fallimenti delle società”
Un elemento rilevante è l’origine di parte dei supermercati coinvolti: alcuni provenivano dal gruppo Grigoli, confiscato alla mafia e ceduto nel 2014 dall’Agenzia Nazionale per i Beni Confiscati.
A Marsala, nelle ore successive all’operazione, l’attenzione dell’opinione pubblica era maggiormente rivolta alla possibilità che i supermercati chiudessero, più che alle conseguenze dei reati economici contestati. Questo riflette una tendenza comune: i reati economico-finanziari spesso non suscitano lo stesso clamore dei fatti di sangue, eppure possono avere un impatto devastante sulla società, perché ostacolano la libera concorrenza, creando vantaggi illeciti per chi opera al di fuori delle regole; sottraggono risorse all’Erario, con debiti tributari di milioni di euro che rimangono insoluti ed evidenziano un sistema produttivo che a volte sembra incapace di competere senza scorciatoie illecite.